Intervento in Aula dell'On. Carlo Giovanardi
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Resoconto stenografico dell'Assemblea Seduta n. 144 del 16/4/2007 Discussione del testo unificato delle proposte di legge: in materia di obiezione di coscienza (A.C. 197 -206-931-A)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giovanardi. Ne ha facoltà. CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, intervengo per motivare la mia completa, totale e incondizionata opposizione su questo provvedimento. Dichiaro il mio totale dissenso sia come parlamentare sia in qualità di ex ministro il quale, per quattro anni con delega per il servizio civile nazionale, più volte disse «no» a questi «sindacati» di ex obiettori. Ex obiettori che chiedono si rivedano oggi gli impegni da loro stessi assunti quando, sulla base della legge del 1998, si proclamarono obiettori di coscienza dichiarando, nell'esercizio di un loro diritto, di opporsi, per ragioni di coscienza o religiose, all'uso delle armi: non potevano maneggiare le armi! Conosco benissimo la storia dell'obiezione di coscienza; conosco benissimo i primi eroici casi di chi doveva scegliere tra adempiere gli obblighi del servizio militare e la reclusione in carcere. Tali casi si contavano sulle dita di una mano ma veramente costituivano momenti di scelta forte, che costavano l'incarcerazione per chi non accettava di fare il servizio militare. Successivamente, è intervenuta un'evoluzione legislativa a seguito degli interventi della Corte costituzionale che, in una prima fase, subordinò l'esercizio dell'obiezione di coscienza anche ad una verifica che effettivamente chi si dichiarava obiettore di coscienza lo fosse davvero. Poi, a seguito di una ulteriore evoluzione, è stata sufficiente una semplice dichiarazione, fondata, però, sul presupposto che liberamente, per le loro convinzioni profonde, religiose, filosofiche e morali, taluni, diversamente da milioni di loro coetanei, dichiarassero dinanzi allo Stato di non poter vestire la divisa e di non poter fare il servizio militare. Da poche decine di casi si è passati a centinaia, a decine di migliaia e, infine, ad 800 mila; si è quindi addivenuti all'abolizione della leva obbligatoria e ad un esercito di volontari. Anche i militari hanno così dovuto prendere atto che l'espandersi dell'obiezione di coscienza era giunto ad un punto tale che il sistema della leva obbligatoria non era più adeguato al nostro paese. Poi, vi è stata la grande apertura verso il servizio civile nazionale, servizio non obbligatorio (come invece ha detto il collega dianzi intervenuto) ma volontario, sostenuto dal Capo dello Stato quando si cominciò a promuoverlo. Fu un successo straordinario; sono quasi 80 mila, ogni anno, le domande di ragazzi e ragazze che «scelgono». Oggi, infatti, è possibile scegliere: il servizio civile nazionale è infatti
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inquadrato sempre nel concetto di difesa della patria; ha pari dignità del servizio militare. Oggi, dunque, vi è chi, in ottemperanza al principio costituzionale, difende la patria nelle Forze armate e chi difende la patria attraverso il servizio civile nazionale. Una delle misure più interessanti che mi è capitato di assumere nella scorsa legislatura è avere insediato una commissione mista sulla difesa civile non violenta, composta sia da pacifisti non violenti sia da esponenti delle Forze armate per dare anche una qualche realizzazione pratica al concetto di collaborazione tra Forze armate e chi predica la non violenza nell'ottica della difesa della patria. Costoro hanno lavorato presentando una bella relazione e trovando dunque dei punti di convergenza. Quindi, conosco benissimo la storia di questa vicenda dell'obiezione di coscienza, ma io difendo, onorevoli colleghi, un'alleanza, l'alleanza delle persone serie. Considero persone serie i giovani che, quando gli è stata notificata la cosiddetta cartolina, hanno svolto il servizio militare - alpini, bersaglieri, fanti -, a volte a centinaia di chilometri da casa, interrompendo le loro attività lavorative e di studio e ritenendo in coscienza di dover rispondere a quella chiamata. Considero persone altrettanto serie quelle che, dinanzi al precet, hanno obiettato che, per ragioni personali di convinzioni profonde morali, civili e religiose, non potevano imbracciare le armi e si sono dichiarati obiettori di coscienza svolgendo un servizio sostitutivo. Io voglio difendere queste persone, chi ha fatto il militare e chi ha fatto l'obiettore di coscienza: non voglio difendere, invece, i cialtroni Non tutti, certo, sono cialtroni, ma, quando sento le obiezioni cui accennava il collega: ma la caserma non mi piaceva; ma dovevo andare via da casa; ma potevo fare l'obiettore di coscienza vicino a casa, ma, ma, ma...! Non si può fare una dichiarazione vincolante sulla base della legge affermando che, diversamente dagli altri, non si adempie al servizio militare per ragioni di coscienza, di pensiero e di religione e poi venire adesso a raccontare che non si è assolto tale dovere per ragioni di convenienza. Allora, vogliamo dare ragione a tutti quegli ambienti che, per anni, hanno affermato che l'obiezione di coscienza non era una cosa seria, ma solo un metodo per evitare il servizio militare? Vogliamo dipingere così il fenomeno dell'obiezione di coscienza? Vogliamo marchiare così decine di migliaia di giovani che l'obiezione di coscienza l'hanno fatta sul serio? Tutto questo perch
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