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DIBATTITO SUL DDL SUL NEGAZIONISMO

La Commissione Giustizia del Senato aveva stabilito pressoché all'unanimità che l'aggravante di negazionismo sarebbe scattata soltanto se la istigazione fosse stata pubblica. Giovedì mattina in Aula del Senato scavalcando la Commissione è stato presentato un emendamento sostitutivo del testo della Commissione concordato tra PD, NCD e Governo a firma Nico D'Ascola che trascriviamo di seguito:

1.401 D'ASCOLA Sostituire l'articolo 1, con il seguente:

«Art. 1. - 1. All'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, dopo il comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

"3-bis. Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda, ovvero l'istigazione e l'incitamento commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione della shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232"».

Su questo emendamento si è acceso un vivace dibattito che ha impegnato l'Aula fino alle 14 rinviando poi l'esame del testo alla prossima settimana.

L'argomento è di grande importanza perché riguarda il tema fondamentale della libertà di opinione: a seguito trascriviamo gli interventi svolti in Aula dal sen. Giovanardi,  VISIBILE CLICCANDO SU LEGGI IL CONTENTO!!!.



GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, Id, E-E, MPL)). Signor Presidente, intervengo innanzitutto per capire se questo emendamento fa decadere gli altri emendamenti riguardanti alcuni aspetti particolari del provvedimento. Peraltro dico subito che si tratta di uno stranissimo provvedimento, che motiva anche le nostre successive proposte emendative.

Il relatore D'Ascola - scusate - ha detto cose non vere. La norma che approviamo, infatti, non dice assolutamente questo. Mi soffermo sul termine «pubblicizzare» (non istigare) e la pubblicizzazione, come sapete, è collegata alla "legge Mancino" e a un'aggravante che scatta quando ci sono motivi etnici o razziali. È una bestialità: diamo l'aggravante a chi nega alcuni avvenimenti.

In realtà, sono centinaia di avvenimenti. Ho scritto ieri un articolo: si va dalla vicenda degli indiani d'America, alle attuali vicende di Israele, alle guerre in Bosnia, alla vicenda coloniale italiana. Infatti, secondo questo disegno di legge, tutto il dibattito fra Indro Montanelli e Del Boca sulla nostra vicenda coloniale - in cui Del Boca sosteneva che l'Italia avesse compiuto atti di genocidio e crimini di guerra e Montanelli lo negava, argomentando sulla base di una colonizzazione che, secondo lui, era stata fatta da un'Italia che avendo una superiorità tecnologica e culturale, e aveva portato in quelle terre la civiltà, in qualche modo - sarebbe penalmente perseguibile. Sarebbe cioè penalmente perseguibile chi pubblica un libro in cui esprime una visione di un certo tipo della nostra vicenda coloniale.

Ma la bestialità è che noi colpiamo con un'aggravante chi nega il genocidio, la Shoah, i crimini di guerra, ma non chi li esalta. Infatti, se io nego il genocidio armeno ho l'aggravante; se lo esalto, dicendo che hanno fatto benissimo, non ho l'aggravante. Già questo punto viene affrontato in uno dei nostri emendamenti: è mai possibile che venga punito con l'aggravante chi nega che sia accaduto un fatto e non chi esalta un genocidio, un crimine di guerra o contro l'umanità?

Ricordo, poi, che questo testo riguarda migliaia e migliaia di casi. Amici di Israele - e ce ne sono - vi prego di andare a leggere sui siti le dichiarazioni del Governo iraniano, della Commissione di giustizia dell'ONU e di vari blog che accusano Israele di crimini di guerra e di crimini contro l'umanità fondati sulla razza e sull'etnia. Si dice che a Gaza, nel momento in cui Israele si è difeso, per ragioni razziali ed etniche (esattamente quelle che noi abbiamo previsto nel nostro disegno di legge), ha compiuto crimini di guerra.

Noi abbiamo scritto non solo riferendoci all'Olocausto, ma anche ad ogni tipo di genocidio, di crimine contro l'umanità e di crimine di guerra. L'articolo 8 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale che ho letto l'altro giorno, consta di cinque pagine. Esso definisce cosa si intende per "crimini di guerra". Su questo abbiamo presentato uno dei nostri emendamenti. «Crimine di guerra» è qualsiasi tipo di avvenimento che riguardi anche solo una persona che viene compiuto durante una guerra e la cui negazione, secondo la visione di questo disegno di legge, verrebbe penalmente perseguita se fosse pubblicizzato. Ed è peggio quello che ha scritto il senatore D'Ascola. Abbiamo eliminato la parola «pubblicamente»; ma se uno scrive un articolo o un libro in cui sostiene determinate tesi incorre esattamente nella fattispecie dell'emendamento presentato dal relatore. In esso infatti si prevede che il reato ha l'aggravante se la propaganda viene commessa in modo tale che derivi un concreto pericolo di diffusione. Ma se uno scrive un libro o un articolo è evidente che c'è un pericolo di diffusione, perché i libri si scrivono apposta!

Ammettiamo che, davanti all'accusa di crimini di guerra di Israele, io scriva un libro negando che Israele sia un Paese razzista o che agisca per ragioni di pulizia etnica, come i suoi avversari e come i Governi arabi sostengono; ammettiamo che io neghi l'esistenza di questi crimini di guerra; che cosa succede? Che ho l'aggravante punibile con la reclusione da due a sei anni? Certo, l'obiezione in Commissione è stata: ma poi al processo te la cavi. Arriverà la denuncia, ma poi si andrà vedere il limite e la propaganda che è stata fatta di determinati avvenimenti, che riguardano Israele. Io l'ho detto che la vera vittima di questa legge si chiama Stato di Israele. Avremmo dovuto fare quello che i professori universitari ascoltati in Commissione ci avevano detto: il 70 per cento ha sostenuto che non occorre una legge sul negazionismo della Shoah, mentre il 30 per cento ha detto che va bene una legge, ma solo sull'Olocausto, consigliando di non andare ad annegare l'Olocausto in altre decine di migliaia di fatti.

Andate a vedere i crimini di guerra: 170 criminali di guerra bosniaci, croati, serbi, già condannati da un tribunale internazionale in una guerra che è stata di pulizia etnica di serbi contro croati, croati contro serbi, musulmani contro cattolici croati. In tutti i singoli e terribili episodi di quella guerra, chi è che stabilisce se il crimine di guerra di qualcuno contro qualcun altro è negabile o meno?

Le fosse di Katyń sono un episodio storico attribuito per quarant'anni ai tedeschi, finché la revisione storica ha dimostrato che invece era stato Stalin ad ordinare il massacro. Se nego la verità di Stato di Stalin c'è un'aggravante? Posso rivedere o negare alcuni degli episodi delle migliaia di crimini di guerra davanti alle Corti internazionali? Sono migliaia e migliaia i casi di denuncia di crimini di guerra. Posso o non posso stabilire che un determinato episodio lo nego perché lo attribuisco non ai croati ma ai bosniaci, oppure non ai bosniaci ma ai serbi? Oppure la mia è una propaganda a favore della pulizia etnica, nel momento in cui non corrispondo a una visione di parte?

Parliamo dello sterminio degli indiani d'America. C'è un termine tecnico che lo indica, ma posso sostenere che era inevitabile e non che fosse un genocidio, come viene chiamato, perché sono arrivate dall'Europa persone che avevano una cultura e un modo di operare tecnico molto superiore a persone che erano rimaste sostanzialmente al neolitico. Oggi ci sono 300 milioni di persone negli Stati Uniti e c'era un milione di nativi. Posso dire che c'era una superiorità etnica dei bianchi quando sono andati in America rispetto ai nativi e che tutto ciò ha determinato una situazione che contesto essere stata un genocidio? No, perché mi si applica l'aggravante. Io per questa affermazione posso essere denunciato, per il combinato disposto della legge Mancino e di quello che abbiamo scritto.

Se quest'Aula, come al solito, vuole fare finta di niente, quando il prodotto legislativo uscirà riceverà fischi, lazzi e pernacchie da tutto il mondo del diritto e degli storici, e verrà preso come una stravaganza. Ricordo che questo provvedimento avremmo dovuto esaminarlo un anno e mezzo fa (perché c'era una giornata di commemorazione) addirittura in sede legislativa: è venuto in Aula, poi è stato modificato, è andato alla Camera, poi è stato nuovamente modificato, e ora torna al Senato.

Questa sera, se verrà approvato, tornate a casa e quando vostro figlio, vostra moglie o un parente avvocato vi domanderanno «scusate, ma voi oggi che reato o che aggravante avete applicato?» provate a spiegare loro che il Parlamento ha approvato un'aggravante e provate a spiegare il combinato disposto dell'articolo 3 della legge Mancino come si aggancia al fenomeno etnico o razziale, come si aggancia alla propaganda e come si aggancia a decine di migliaia di casi.

Io ho citato soltanto alcune fattispecie di quelle previste all'articolo 8 dello Statuto della Corte penale internazionale nell'emendamento 1.410 a mia prima firma chiedendo di toglierle. Sono considerati crimini di guerra: la «distruzione ed appropriazione di beni, non giustificate da necessità militari»; la «deportazione, trasferimento o detenzione illegale»; «il trasferimento, diretto o indiretto, ad opera della potenza occupante, di parte della propria popolazione civile»; «distruggere o confiscare beni del nemico a meno che la confisca o la distruzione non siano imperativamente richieste dalle necessità della guerra». Questi sono crimini di guerra.

Come si fa in operazioni militari, ad esempio di autodifesa, come quelle di Israele, a stabilire che queste fattispecie, che sono fisiologiche quando c'è un conflitto, sono crimini di guerra e quindi si applica l'aggravante che noi diamo in base alla legge Mancino? Perché i Paesi arabi, i palestinesi - andate a vedere i siti - e la Commissione ONU per i diritti umani quando era presieduta dalla Libia, dicono che sono crimini di guerra e crimini contro l'umanità fatti da uno Stato che è costruito sull'odio razziale, sulla pulizia etnica degli avversari. Questo viene detto pubblicamente verso Israele. La domanda è dunque la seguente: per l'ennesima volta, cosa stiamo facendo? Perché dobbiamo andare a colpire la libertà di pensiero? Finché c'era l'istigazione, posso capire. Ma qui parliamo della propaganda. Propaganda vuol dire diffusione; propagandare vuol dire diffondere delle idee. Mi chiedo quindi perché dobbiamo colpire la diffusione delle idee, quando si nega una certa circostanza delle migliaia che ho citato o una storia come quella coloniale italiana, o la storia degli Stati Uniti o quella di Israele o quella della guerra dei Balcani e contemporaneamente invece non condanniamo chi esalta uno sterminio, un genocidio o l'olocausto. In questi casi l'aggravante non c'è; c'è solo per la negazione.

Signor Presidente, poi rimane sempre il problema di sapere se, una volta approvato l'emendamento del senatore D'Ascola, gli altri rimangono in vita o decadono.

GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, Id, E-E, MPL)). Signora Presidente, se il presidente Zanda prestasse un attimo di attenzione, vorrei dirgli che una delle cose surreali cui stiamo assistendo è che sono perfettamente d'accordo con lui. Lui ha detto che si tratta di colpire la negazione di un avvenimento.

Per cortesia, chiedo un attimo di attenzione dal senatore Zanda.

GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, Id, E-E, MPL)). Però il collega gli impedisce di sentire.

Sono perfettamente d'accordo nel colpire la negazione di un fatto storico di una gravità mai vissuta nella storia dell'umanità come l'olocausto del popolo ebraico. Presidente Zanda, il problema è che l'abbiamo annacquato con altre 20.000 fattispecie. Infatti, quando si dice che la norma viene applicata alla negazione dei crimini di cui agli articoli 7, 8 e 9 dello Statuto della Corte penale internazionale, se li si va a guardare, ci si accorge che sono ricompresi i genocidi, i crimini di guerra e i crimini contro l'umanità. Ebbene, dire che colpiamo con la stessa norma penale l'olocausto, l'abbattimento di case nel corso di un'operazione di militare - che pure è un crimine di guerra - o l'uccisione di una singola persona, mi sembra incredibile. Come facciamo a mettere nello stesso testo e punire con la stessa gravità di sanzione chi nega l'olocausto e chi nega una delle 20.000 fattispecie che sono già dinanzi ai tribunali internazionali in tutto il mondo, dalle guerre balcaniche ai disordini che capitano in Africa?

Colleghi senatori, ci vorrà un limite, anche nella tecnica legislativa, per non cadere nel grottesco! L'emendamento presentato dal presidente D'Ascola dice che si applica la reclusione da due a sei anni se «la propaganda» viene commessa «in modo che derivi concreto pericolo di diffusione». Ma la propaganda, se prendete qualsiasi dizionario, significa diffondere e divulgare. Si colpisce la propaganda se c'è il pericolo concreto che la propaganda venga diffusa? Si può scrivere per legge una cosa di questo genere, quando la propaganda per definizione è diffusione di qualcosa? È come dire che è lecito scrivere un articolo o un libro in cui si propagandano certe opinioni però non ci deve essere il pericolo che venga diffuso. Credo che chiunque dovesse vedere un testo di questo tipo, direbbe: cosa avete scritto? Ma di cosa state parlando?

Presidente Zanda, vorrei che qualcuno mi contestasse tutte le affermazioni che ho fatto prima e che riguardano i nostri emendamenti, che mirano a limitare l'intervento penale al genocidio e all'olocausto. Non estendiamolo a una ricerca storica sulle responsabilità coloniali dell'Italia in Africa e al carteggio tra Montanelli e Del Boca, oppure a tutte le vicende dei Balcani e a tutto ciò che è accaduto in quel contesto. Non estendiamolo!

Notizie ufficiali riportano di un signore che è stato incaricato, nel 2008, dalle Nazioni Unite, ovvero dal Comitato per i diritti umani, di redigere un rapporto su Israele in cui si dice che Israele è responsabile di pulizia etnica e di tutta una serie di fattispecie. Con l'approvazione dell'emendamento 1.401 si rientra in una logica per cui chi volesse contestare o negare, in un articolo, che Israele sia colpevole di pulizia etnica sarebbe perseguibile. Certo, in Commissione si è detto: uno dei tanti organismi italiani potrà fare la denuncia, poi, in tribunale, sarà eventualmente il magistrato a stabilire se quello che è stato detto è punito dalla legge, visto che si parla di pulizia etnica, di razzismo o si propaganda la negazione di un fatto. Ma è possibile che avvenga questo?

Chiederei anche di capire - e abbiamo presentato un altro emendamento in tal senso - perché la negazione sia penalmente punita come aggravante, mentre l'esaltazione dello stesso fatto no. Se lo nego, c'è l'aggravante, mentre se lo esalto, dicendo che hanno fatto bene, l'aggravante non c'è. Mi spiegate la logica con cui ci stiamo muovendo, rispetto a tutte queste fattispecie?

Il presidente Zanda dice di chiudere l'iter del provvedimento. Sono due anni che diciamo di chiudere, attraverso un dibattito che ha coinvolto anche altri Paesi. Il problema che riguarda la Francia e la Turchia è molto concreto: la Francia ha stabilito per legge che quello del popolo armeno è stata un genocidio; la Turchia, per legge, manda in galera chi dice che quello del popolo armeno è stato un genocidio. È un caso concreto di genocidio su cui due Paesi si sono scontrati: è un grande problema internazionale e c'è un grande dibattito. La Turchia può entrare in Europa, se nega quello che è accaduto? Ma se queste cose fondamentali, come l'olocausto e il genocidio, le annacquiamo tra decine di migliaia di casi, ognuno dei quali diventa oggetto della legge in esame, e se scriviamo che uno che propaganda queste cose può essere anche condannato fino a sei anni di galera, se la propaganda la diffonde, allora, signor Presidente, credo si ponga anche una questione di dignità del Senato.

Nella precedente lettura, il Senato ha approvato una formula che aveva messo d'accordo quasi tutti; non me, ma quasi tutti. Personalmente, sono amico di Israele da sempre e ho detto ieri - e lo ridico oggi - che in queste norme vedo la concreta possibilità che l'unica vittima di questa normativa siano proprio Israele e il popolo ebraico, con l'interpretazione che verrà data al testo così come l'abbiamo scritto. Il Senato aveva trovato delle formule comunque giuridicamente soddisfacenti, ora pensiamo di approvare una norma che si sottopone non alla critica, ma al ridicolo, perché questa storia della propaganda che diventa reato se viene diffusa è una roba da Totò. Scusate, ma diventa un nonsense. Arriveremo a parlare di queste cose da Crozza.

Quindi, presidente Zanda, direi che sarebbe saggio fare esattamente il contrario: essendo il tema delicato e visto che si era trovata un'intesa, si dovrebbe tornare in Commissione per trovare ancora un'intesa e portare in Assemblea un testo che non sia così divisivo. Ma chi divide non è mica chi ha lavorato in Commissione, non sono mica i membri della Commissione! Qualcuno ha dichiarato che con la norma approvata quasi all'unanimità dal Senato, la volta scorsa, si cancellano decine di processi, vi chiedo: ma di quali processi stiamo parlando? Quali processi sono attualmente in corso per la violazione della legge Mancino? Dove sono le decine di processi e le persone che dovrebbero farla franca rispetto alla violazione della legge Mancino? Dove sono? Chiediamo all'Ufficio studi di fare una ricognizione: c'è qualche processo in corso in Italia? È vero che, come ha scritto la Presidente della Commissione giustizia del Senato, con il testo che avevamo scritto, avremmo salvato decine di persone dalla giusta punizione?

PRESIDENTE. Forse si riferisce alla Presidente della Commissione giustizia della Camera dei deputati.

GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, Id, E-E, MPL)). Sì, signora Presidente, alla Presidente della Commissione giustizia della Camera, certamente. È stata pubblicamente esternata una critica pesantissima ai senatori, che si sarebbero dati da fare per togliere, all'interno dei processi, la giusta condanna a chi aveva violato la legge Mancino e stamattina qui nessuno è in grado di dire se vi sia una persona che sia oggi sotto processo. Noi, invece, se approviamo questo testo, intendiamo correre il rischio di mettere sotto processo decine di persone che esercitano semplicemente il loro diritto di propagandare delle idee. Certo, per diffonderle, dico per l'ennesima volta.

Presidente Zanda, è mezzogiorno, vogliamo continuare? Continuiamo, ma non si può neanche negare la presentazione di emendamenti come, per esempio, l'emendamento che dice: limitiamo queste sanzioni all'olocausto e al genocidio, tiriamo via i crimini di guerra, perché non me la sento moralmente, culturalmente e politicamente di avallare che l'abbattimento di case durante un'operazione di guerra abbia la stessa pena, nelle fattispecie che abbiamo indicato, dell'olocausto. Come facciamo a mettere sullo stesso piano la più grande tragedia dell'umanità con altre mille fattispecie?

Credo che tornare in Commissione, rivedere il provvedimento e riportare un testo unitario sia la cosa più saggia che possiamo fare, anche per non essere in contraddizione con noi stessi, con un Senato che qualche mese fa aveva votato all'unanimità un testo che oggi viene stravolto.

GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, Id, E-E, MPL)). Signora Presidente, è evidente che a questo punto cercheremo, nei limiti del possibile, di svolgere una funzione di riduzione del danno rispetto - senatore Zanda, mi permetta, siamo in Senato - alla vergogna che questo Senato sta compiendo, con l'aggravante che è la seconda o la terza volta che sconfessa se stesso.

Infatti, se il Senato non fa passare questo subemendamento, come accadde già con l'omicidio stradale, il Senato voterà contro una sua deliberazione, assunta in Assemblea dopo un dibattito serrato, su questioni che avevano trovato unanimità. Oggi, se viene bocciato questo subemendamento sull'avverbio «pubblicamente», è il Senato che rimangia le sue stesse dichiarazioni, quindi nega, visto che siamo in tema di negazionismo, un'azione che aveva portato convintamente a circoscrivere la possibilità del reato.

Ma perché è una vergogna? Giustamente si è parlato dell'Olocausto, ma vorrei leggervi una fattispecie che il Senato della Repubblica parifica all'Olocausto del popolo ebraico e sarebbe, in caso di guerra, «dirigere deliberatamente attacchi contro proprietà civili, e cioè proprietà che non siano obiettivi militari».

Io sono stravolto. L'Olocausto di sei milioni di persone viene parificato alla fattispecie di chi in guerra colpisce una singola proprietà privata, che è crimine di guerra sulla base dell'articolo 8 dello statuto della Corte penale internazionale che noi richiamiamo. Noi attribuiamo la pena detentiva fino a sei anni a chi nega l'Olocausto e attribuiamo la stessa identica pena a chi nega che in una determinata fattispecie un esercito abbia con le ruspe rimosso alcune case. Si può obiettare però che ci deve essere la questione etica e razziale. Appunto, come vi ho dimostrato: Stati sovrani come l'Iran, rappresentanti delle Nazioni Unite e organismi internazionali hanno dichiarato che lo Stato d'Israele è razzista e che compie pulizia etniche. Quindi, questa fattispecie che noi richiamiamo si inserisce all'interno di un discorso nel quale queste azioni, se vengono negate, rientrano nella fattispecie penale indicata, che non deve neanche più avvenire pubblicamente. Noi siamo persone liberali, però non ho capito prima i voti di alcuni Gruppi. Qualcuno mi spiegherà come si faccia a passare una legge - se passerà - che dice che uno può propagandare un'idea purché non ci sia il concreto pericolo di diffusione. Io propagando un'opinione, però c'è l'aggravante se la propaganda diffonde la mia idea. Una cosa è l'istigazione, su cui giustamente più colleghi si sono richiamati, ma noi non colpiamo solo l'istigazione, ma la propaganda di idee, che può essere contenuta anche in un articolo. Ho ricordato prima tutta la questione aperta del nostro colonialismo a partire da Giolitti. Non era l'Italia fascista quella che intervenne in Libia e si macchiò sicuramente di delitti, ma si può difendere la politica italiana di quell'epoca, che probabilmente era fondata tutta sulla concezione di una supremazia etnica? Purtroppo la storia del Risorgimento era questa. Anche i piemontesi pensavamo ai meridionali come a un'etnia inferiore; lo dicevano e lo scrivevano, ma - vivaddio - se ha ragione Del Boca o Montanelli lo stabilirà la storia e non i giudici con le loro sentenze.

«Pubblicamente» è il minimo che si possa mettere per dare un senso a questa norma. Quindi, noi voteremo convintamente a favore di questo emendamento.

GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, Id, E-E, MPL)). Signora Presidente, vedo che il collega Palma, giustamente, si preoccupa di circoscrivere l'istigazione in maniera tale che essa debba avvenire pubblicamente e non sia considerato istigazione anche un colloquio fra due persone, cioè un fatto privato. Io mi preoccupo di questo e voterò a favore dell'emendamento. Ma mi preoccupo di più del fatto che l'idea, che non è un'istigazione, venga colpita penalmente con un'aggravante. Siamo in Parlamento ed io esprimo le mie idee. Non mi meraviglia il fatto che, da un settore che ha una storia totalitaria ed antidemocratica alle spalle, provengano proposte di questo tipo, perché questo è in sintonia con una certa storia; evidentemente gli anni passano, ma l'idiosincrasia per la libertà e per le opinioni degli altri rimane, solo che, una volta, si applicava con le tragedie della storia, adesso si applica con battute che forse andrebbero bene per Checco Zalone.

Ora, poiché molte persone ci ascoltano (non è vero che i lavori del Parlamento non siano seguiti) e poiché, quando torneremo a casa, dovremo spiegare quali modifiche abbiamo apportato al codice penale, in maniera comprensibile, in modo che qualsiasi persona e qualsiasi cittadino capisca quando rischia sei anni di galera, ripeto quello che stiamo per votare e che noi cerchiamo di emendare: «Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda, ovvero l'istigazione e l'incitamento, vengono commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione». Chiaro?

Propagandare un'idea, secondo il vocabolario, significa svolgere un'attività di diffusione o di apostolato. Si chiama tautologia? Penso di sì. Dunque, se uno propaganda un'idea, sicuramente commette reato se c'è un concreto pericolo di diffusione di quell'idea. Ma è evidente che, se scrivo un articolo e voglio propagandare un'idea, con chi la propagando? Se voglio propagandare un'idea, a chi la propagando, a me stesso? Posso mettermi davanti allo specchio e parlare con me stesso, come i dissidenti sovietici di una volta (anche se poi quest'idea la scrivevano, ad esempio in una poesia, e la facevano circolare clandestinamente in una cerchia di intellettuali, ecco che c'era già un'attività antisocialista). Quindi, se propagando le mie idee in un articolo oppure in un libro, in cui contesto la ricostruzione storica delle migliaia di episodi che voi volete tradurre in un crimine, e se pubblico questo libro, c'è un concreto pericolo di diffusione? Ma va! Le idee che vengono scritte sono sottoposte ad un concreto pericolo di diffusione. Non è necessario che io le diffonda; il solo fatto che io le pubblichi o che scriva un articolo mi costa fino a sei anni di carcere.

Persone che ci ascoltate da casa, le cose che ho detto prima e che dico adesso nessuno le contesta. Nessuno spiega perché si debba far passare questa vergogna di paragonare l'Olocausto ad altre migliaia di casi, alcuni dei quali bagattellari rispetto a quella tragica esperienza storica.

Se vi leggo le cose che vi ho letto - suggerisco a Checco Zalone di riprenderle come gag di un suo spettacolo - qualcuno forse può dirmi che non sono scritte così? Silenzio, perché non lo potete smentire; è agli atti: sono le cose che qualcuno, nella notte, ha scritto, scavalcando l'intera Commissione e facendo trovare tutta l'Assemblea in un grande imbarazzo. Infatti, chi ha una qualche esperienza di Parlamento capisce benissimo che le cose che si stanno dicendo sono talmente ovvie che vedo la sofferenza nel volto dei colleghi, soprattutto dopo lo scriteriato intervento della rappresentante del Governo, che è entrata a piedi pari a dare un parere favorevole quando in Commissione, viceversa, non si era mai neanche sognata di proporre soluzioni di questo tipo. Anche questo è uno strano rapporto Governo-Parlamento.

Sulle unioni civili si sono rivolti alla Commissione dicendo che il Governo non ne voleva sapere; il Governo si rimetteva all'Assemblea; poi ha messo la fiducia su un suo testo. In questo caso il Governo non è mai intervenuto - anzi, con il silenzio ha avallato la soluzione che era stata presa sostanzialmente all'unanimità dalla Commissione, con qualche dissenso, compreso il mio - e questa mattina il Sottosegretario dà parere favorevole all'emendamento notturno, quello di Checco Zalone: complimenti al Governo!

Pensate che l'istituto parlamentare possa avere credibilità? Nessuno risponde, mica a Giovanardi ma a Nitto Palma, che è stato Presidente della Commissione giustizia fino a qualche settimana fa; ha fatto il magistrato, e quando pone problemi sistematici del codice penale, mi meraviglia la vostra sovrana indifferenza. Certo, tanto saranno i cittadini a finire sotto processo; a voi cosa interessa? Finché non toccherà a qualcuno di voi. Eppure, ho visto tanti colleghi, nel momento in cui si sono trovati loro stessi all'interno di meccanismi di questo tipo, cominciare a ragionare in termini di legislazione sbagliata.

Voteremo pertanto a favore di questo emendamento, tornando a insistere che non è risolutivo - perché non risolve il problema delle idee - ma almeno fa capire che un'istigazione per essere colpita così duramente quantomeno deve avvenire in maniera pubblica.

GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, Id, E-E, MPL)). Signora Presidente, vedo che il collega Palma giustamente insiste nel voler circoscrivere in maniera comprensibile gli effetti di questa norma. Tra l'altro, sto facendo fare un controllo anche sulla cosiddetta legge Severino in relazione ai delitti non colposi, perché non vorrei che un parlamentare condannato per una di queste vicende si trovasse anche a decadere dalla carica di parlamentare, visto che le cose hanno un'attinenza con la libertà di opinione. È una verifica che sto facendo quindi non sono ancora in grado di confermare, però è meglio essere prudenti quando si tratta di libertà di parola.

Ho voluto approfondire di nuovo il combinato disposto, perché dico anche ai colleghi che hanno seguito la questione in Commissione che per comprendere quello che stiamo facendo non basta avere il testo della legge approvata in Commissione. Infatti la legge passata in Commissione fa riferimento alla legge del 13 ottobre 1975, n. 654, lettere a) e b), che voi non trovate nel testo. Come al solito, in Italia una persona per capire su che base può essere incriminata, non basta che legga la legge, ma deve leggere la norma originaria e poi tentare di fare il collegamento tra quanto previsto nella norma originaria e l'aggravante prevista nel nostro caso dal disegno di legge in esame.

Cosa dice la legge originaria alla lettera a)? Che viene punito con la reclusione fino a un anno e sei mesi chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale ed etnico. Non siamo all'istigazione: si parla di propaganda e idee. Controlliamo sul dizionario. Che cos'è la propaganda? È la diffusione, la divulgazione, la propagazione, il proselitismo l'apostolato delle idee. Quando si parla della propaganda delle idee, è evidente che dentro la propaganda c'è la diffusione, non è che ci sia il pericolo concreto di diffusione della propaganda: è in re ipsa.

Quello che è stato scritto sul testo è una cosa che non sta né in cielo né in terra. Ma voi direte attenzione i sei anni di condanna li prendi se richiami questioni che hanno a che fare con le questioni etniche e razziali.

Ho visto che ci saranno emendamenti dei colleghi del Movimento 5 Stelle (non so se li manterranno) che vogliono collegare, come aveva fatto la Camera, anche la condanna non ai tribunali internazionali, ma anche a prese di posizione di organismi internazionali. Vedete - è in inglese ma anche in italiano - che l'esperto dell'ONU Richard Falk, in una conferenza stampa, ha condannato le pratiche di Israele sulle terre palestinesi occupate, accusandolo di complicità in segregazione razziale e pulizia etnica. Era forse uno che passava per strada? No, era stato nominato relatore su queste questioni dalla commissione ONU. C'è un signore autorevole dell'ONU il quale afferma che Israele è colpevole di segregazione razziale e pulizia etnica. Noi abbiamo scritto, presidente Zanda, facendo riferimento a qualsiasi episodio collegato ai crimini di guerra, cioè quelli per cui Israele è continuamente accusato e condannato non dal primo che passa per strada, ma ufficialmente da Governi come quello iraniano. Una previsione si collega, al punto a), alla legge Mancino per la semplice propaganda delle idee: noi colpiamo con pene fino a sei anni di carcere chi propaganda idee che hanno attinenza alla superiorità etnica e razziale, ma esponenti dell'ONU e interi Stati affermano che Israele commette pulizie etniche e odio razziale proprio mentre interviene nelle fattispecie che loro definiscono crimini di guerra. Dopo di che, altro che Olocausto, caro Zanda!

Ha ragione il nostro carissimo avvocato richiamando l'interpretazione della Cassazione: quando si va in tribunale e si è denunciati, bisogna vedere se nel bar c'erano tre, quattro, o cinque persone, perché se ce ne erano due non si è condannati, ma se vien fuori la testimonianza secondo cui nel bar c'erano cinque persone, il reato scatta - attenzione - e viene punito fino a sei anni. Inoltre, se nella propaganda di idee di questo tipo, scritta in un articolo...

SPOSETTI (PD). Basta, Presidente, non ne possiamo più.

PRESIDENTE. Senatore Sposetti, non interrompa il senatore Giovanardi che ha ancora cinque minuti di tempo per la sua dichiarazione di voto.

GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, Id, E-E, MPL)). Anche io dico basta con questo strame del diritto e con questa vergogna. Tuttavia, poiché evidentemente i ragionamenti che vengono portati (ragionamenti che chiunque può capire rispetto a quest'aberrazione) non vengono ascoltati, se permettete vi ricordo che sono un parlamentare (prima un collega ha detto che siamo in Parlamento) e queste cose rimangono agli atti: tra qualche anno qualcuno andrà a vederle e magari scriverà dei libri su come il Parlamento italiano, a trazione PD, ha parificato l'Olocausto a qualsiasi fatto, anche bagattellare, e ha approvato una legge che colpisce le opinioni e le idee. Inoltre lo ha fatto in maniera subdola, non soltanto perché deve capire che quando commette il reato deve ricorrere al il combinato disposto di una legge del 1975 con quella approvata ieri, ma perché nella notte sono state cambiate le carte in tavola, mettendo il Senato e i membri della Commissione davanti a un nuovo testo che peggiora grandemente la situazione. Pertanto, anche io direi basta, torniamo in Commissione, perché stiamo scrivendo una norma che non ha senso; tuttavia, poiché così non accade, è chiaro che emendamento per emendamento sarà nostro dovere fare l'approfondimento e, se volete, repetita iuvant, per farlo capire nel silenzio.

Capisco il generoso tentativo del collega Falanga, ma era un intervento processuale. Il collega Falanga parlava del processo, di cose che avvengono nel processo tra accusa e difesa; io vorrei semplicemente evitare che qualsiasi cittadino italiano, anche un parlamentare, se dovesse passare la questione che sto verificando, possa trovarsi incriminato per una questione che è semplicemente l'espressione di un'idea su decine di migliaia di casi che avvengono in tutto il mondo.

Vedo anche tanti storici presenti nel banco del PD rimanere in silenzio. Come mai gli storici sono venuti a dirci in Commissione - andate a leggere i verbali - che questo è un attacco alla libertà di ricostruzione storica? Tra le altre cose, gran parte di loro fa parte della comunità ebraica e, quindi, avrebbe dovuto essere anche interessato, ma quegli storici hanno sottolineato il pericolo di un testo che, invece di stigmatizzare l'Olocausto, si trasforma in un atto liberticida.

Per queste ragioni voteremo a favore del subemendamento 1.401/4.

GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, Id, E-E, MPL)). Signora Presidente, voterò a favore dell'emendamento in esame, anche perché la sua reiezione preclude l'emendamento 1.401/8. Tali emendamenti si pongono infatti sulla stessa linea, cioè tentano di fare in modo che non si confondano cose storicamente accertate e sacre, con delle bagattelle. Quindi, la nostra proposta è quella di mantenere fermo l'articolo 6 della Convenzione internazionale, laddove parla di genocidio e di Shoah, ma di espungere gli altri due articoli, che pure, per l'amor di Dio, affondano le loro radici in questioni molto gravi: se un crimine di guerra viene compiuto, deve essere perseguito, ma ritengo sia utile dare lettura di alcune delle vicende citate nell'emendamento che abbiamo presentato (a caso perché sono circa 70 le fattispecie) che, se propagandate nelle forme che dicevo prima, porterebbero ad una condanna: «distruzione ed appropriazione di beni, non giustificate da necessità militari e compiute su larga scala illegalmente e arbitrariamente; deportazione, trasferimento o detenzione illegale; dirigere deliberatamente attacchi contro popolazioni civili in quanto tali o contro civili che non prendano direttamente parte alle ostilità; lanciare deliberatamente attacchi nella consapevolezza che stessi avranno come conseguenza la perdita di vite umane tra la popolazione civile e lesioni a civili o danni a proprietà civili ovvero danni diffusi, duraturi e gravi danni all'ambiente naturale che siano manifestamente eccessivi rispetto all'insieme dei concreti e diretti vantaggi militari previsti». Non so se vi rendete conto: vengono citati, nella stessa legge, l'Olocausto e i duraturi e gravi danni all'ambiente naturale, che siano manifestamente eccessivi rispetto all'insieme dei concreti e diretti vantaggi militari previsti. Queste due fattispecie sono colpite dalla stessa pena, di sei anni di carcere: vi rendete conto di quello che state approvando o no?

Vi rendete conto di tutte queste cose che vi ho letto - ad esempio anche: «distruggere o confiscare beni del nemico, a meno che la confisca o la distruzione non siano imperativamente richieste dalla necessità della guerra; violare la dignità delle persone, in particolare utilizzando trattamenti umilianti e degradanti» - sono esattamente tutte le accuse che vengono mosse a Tsahal, all'esercito israeliano, e a Israele, accusandolo di fare pulizia etnica e di avere un atteggiamento razzista? Vi rendete conto che queste fattispecie sono proprio quelle che danno origine, a livello internazionale, al tentativo di criminalizzare un intero Paese? Come si fa a colpire il dissenso rispetto a queste posizioni, ovvero chi nega che siano state questioni etniche o razziali quelle che hanno indotto un Paese a difendersi o che, nella storia degli Stati Uniti d'America, hanno portato alla colonizzazione dei bianchi?

Probabilmente, poiché nel punto b) sono previsti quattro anni (ma la verifica è in corso) andrebbe ad impattare anche con la legge Severino, rispetto ad una condanna di questo tipo. Ci sarebbe dunque la decadenza da senatore o da deputato, perché una condanna ad oltre quattro anni - sto facendo una verifica fra le condanne previste dalla legge Severino - rischia di comportare, oltre alla condanna, anche la decadenza dalla carica di senatore o deputato, rispetto a queste fattispecie.

Pertanto chiediamo almeno di limitare tutta questa discussione a fatti storicamente importanti, come l'Olocausto o i genocidi, escludendo tutte queste robe bagattellari, che annacquano ed offendono la memoria dell'Olocausto.


 
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