SENATO DELLA REPUBBLICA ------ XVII LEGISLATURA ------ 679a SEDUTA PUBBLICA
Presidenza del vice presidente GASPARRI, indi
del vice presidente CALDEROLI
e della vice presidente LANZILLOTTA
Riforma del codice penale e del codice di procedura penale.
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, Id, ApI, E-E, MPL)).
Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOVANARDI (GAL (GS, PpI, M, Id, ApI, E-E, MPL)). Signora
Presidente, anche io vorrei richiamare un aspetto fondamentale della riforma in
esame, anche perché attiene a una delle questioni di cui si parla di più nel
Paese e sui giornali, cioè il fenomeno della corruzione, della concussione, dei
reati contro la pubblica amministrazione e naturalmente dei rimedi da
approntare per farvi fronte.
Già al tempo del Governo Monti vi fu una discussione in
Commissione giustizia quando vennero introdotti nel nostro ordinamento
determinati provvedimenti, alcuni dei quali recentemente "fatti a
pezzi" dal dottor Cantone. Allora sottolineai che l'idea di fare 8.000
piani anticorruzione, cioè uno per ogni Comune italiano, e di nominare in
ognuno un funzionario contro la corruzione che risponderebbe personalmente se
ci fosse un caso di corruzione con la sospensione del suo incarico eccetera, mi
sembrava il solito ludo cartaceo che non serviva a nulla. Quattro anni dopo il
dottor Cantone ci ha detto che non tutti i Comuni hanno fatto i piani e che
quelli che li hanno realizzati li hanno fatti in maniera burocratica: hanno
scritto norme che rimangono nel cassetto, che non servono assolutamente a nulla
se non a determinare un aggravio di spesa.
Inoltre, sempre con quel Governo abbiamo provveduto ad aumentare
le pene per i reati contro la pubblica amministrazione e lo abbiamo fatto
perché - ahimè - è circolata questa bufala totale, enorme, gigantesca, secondo
la quale in Italia ogni anno si spendono 60 miliardi di euro in corruzione.
Chiunque abbia diviso tale ammontare per le cento Province italiane scopre che
secondo questa pubblicistica (che ci ha distrutto in tutto il mondo) in ogni
Provincia italiana, compresa Isernia, ogni anno girerebbero 600 milioni di euro
di mazzette; forse hanno confuso i 60 miliardi della spesa pubblica con le
mazzette. Tuttavia, sulla base di questa insistita propaganda è evidente che il
problema sarebbe senza soluzione, perché se fosse così 60 milioni di italiani
sarebbero corrotti, compreso chi dovrebbe combattere la corruzione, compresi i
carabinieri, i finanzieri e i magistrati. Questo è il messaggio che è passato.
Voi poi sapete che è stato accertato che queste cifre e queste statistiche per
cui il 20-30 per cento degli italiani sarebbe stato avvicinato per essere
concusso o corrotto sono sondaggi di opinione, indicano la corruzione percepita
quando si va a chiedere ai cittadini bombardati da questo tipo di messaggio
cosa loro ritengono sia il fenomeno della corruzione in Italia. Quindi, ci sono
sicuramente dei Paesi europei molto più corrotti del nostro e quando si fanno
le classifiche secondo cui l'Italia risulta al sessantesimo o settantesimo
posto - cioè un disastro - nell'indice di percezione della corruzione; tutto
avviene sulla base di sondaggi di tipo virtuale: sono tutti messaggi virtuali
costruiti sulla base di sondaggi di opinione. Tuttavia, allora, i provvedimenti
del Governo Monti che avrebbero dovuto essere risolutivi (e così sono stati
pubblicizzati) hanno introdotto queste norme di carattere burocratico che,
tradotte in pratica, vogliono dire che ai vincoli, alle procedure, ai passaggi
già in corso che rendono farraginosa la nostra pubblica amministrazione se ne
aggiungeva un altro.
Naturalmente Ostellino e tanti altri osservatori hanno detto e
ripetuto - e io sono di questa scuola - insieme al magistrato Nordio che, come
nell'Unione Sovietica, più si aumentano a dismisura i controlli e le persone
attraverso le quali bisogna passare per ottenere un diritto, più si annidano i
problemi di corruzione o di "oliatura" delle procedure. Noi allora
con Monti abbiamo seguito questa strada, aumentando ancora di più i controlli
ed aggiungendo anche il funzionario anticorruzione in ogni Comune. Abbiamo
anche aumentato le pene dopodiché, un anno e mezzo fa (visto che il codice
penale dovrebbe essere uno strumento che ha una sua continuità ed una sua
logica), dopo aver fatto le gride manzoniane con Monti, abbiamo deciso di
aumentare di nuovo le pene. Dinanzi al fenomeno della corruzione, così com'è
stato descritto, come Parlamento abbiamo nuovamente aumentato le pene per
determinati reati contro la pubblica amministrazione.
Oggi arriviamo in Aula e, non solo aumentiamo ancora le pene, ma,
attraverso il combinato disposto dell'aumento delle pene e della prescrizione,
si viene a proporre - e vi dirò che cosa succede praticamente in Italia - che,
sulla base delle pene aumentate, scatta subito la custodia cautelare: intanto
l'indagato viene messo in carcere. Stiamo poi autorizzando lo Stato, dopo che
l'indagato è finito in carcere ed è stato sottoposto a custodia cautelare, a
prendersi anche trent'anni di tempo - udite, colleghi senatori e cittadini -
per stabilire se quella persona è colpevole o innocente.
In Commissione è stato sottolineato naturalmente - e purtroppo è
la realtà dell'Italia di oggi - che si sono aumentate le pene per i reati di
corruzione, per atti contrari o commessi nell'esercizio delle funzioni da parte
di un funzionario (corruzione in atti giudiziari, induzione indebita,
corruzione di persone incaricate di pubblico servizio, truffa aggravata,
concussione, peculato, induzione e così via), cioè per tutta una serie di
reati. Tuttavia - ed ahimè è cronica quotidiana - quando l'inchiesta parte con
il piede sbagliato e la custodia cautelare, come purtroppo spesso avviene, è
ingiustificata perché da un approfondimento dell'indagine si rileva che non c'è
responsabilità, il processo si perde nel nulla. Potrei fare decine di nomi di
colleghi, sindaci e assessori di tutti i partiti che hanno avuto la triste
sorpresa di essere incarcerati, di subire l'onta della custodia cautelare e di
aver dovuto usare poi gli anni successivi per una lotta disperata per arrivare
al processo, cioè per farsi processare e chiudere quel calvario giudiziario con
una sentenza che li assolvesse. Ma più grande e macroscopico è l'errore
iniziale, più la tendenza è a non fare i processi, perché il processo dimostrerebbe
l'errore iniziale e le cantonate prese dai magistrati.
In un Paese civile, allora, che cosa succede? Abbiamo aumentato le
pene? D'accordo. Abbiamo aumentato nuovamente le pene? Perfetto. Si tratta
assolutamente di reati gravi, che vanno perseguiti per quello che sono, non con
questa pubblicistica di 60 milioni di italiani corrotti, per cui sarebbero
tutti corrotti, tutti delinquenti, tutti ladri e tutti farabutti. Vanno
perseguiti i delinquenti, ma in uno Stato civile questo si fa istruendo un
processo in tempi ragionevoli. Come ci ha spiegato il senatore Caliendo, il
Ministero della giustizia ci ha fornito le statistiche per cui in Italia, per
effetto della normativa Cirielli, le prescrizioni sono crollate e non
aumentate. Siamo arrivati ad un dimezzamento delle prescrizioni e per i reati
contro la pubblica amministrazione di cui stiamo parlando raramente scatta la
prescrizione, salvo molte volte per il fenomeno cui ho fatto riferimento prima,
cioè per il fatto che sono gli stessi magistrati che non vogliono fare il
processo per evidenti ragioni.
Sono stato protagonista di uno stanziamento di 12 milioni di euro
per il terremoto dell'Aquila, messi a disposizione dal Dipartimento per le
politiche della famiglia per realizzare asili, scuole e così via. Con mia
grande sorpresa sono state arrestate due persone sei anni fa, perché avrebbero
dovuto truffare il sottoscritto ed il Governo. Nessuno mi ha mai chiamato per
domandarmi in che maniera potevo essere truffato, neanche come persona
informata dei fatti. Sono passati quasi sei anni (cinque anni e mezzo): uno dei
due è morto per tumore e l'altro, arrestato, dopo sei anni è ancora lì che
aspetta il processo di primo grado, perché la cosa era talmente priva di
qualunque giustificazione che chiaramente tutto si perde nel nulla, salvo la
rovina economica. Uno ci ha perso anche la vita, magari, con un tumore che è
nato da questa preoccupazione. Ci sono professionisti che vengono rovinati
perché non si riesce a fare i processi; quindi una parte delle prescrizioni è dovuta
a questo fenomeno.
Colleghi senatori, noi allora vogliamo portare la prescrizione a
venti, venticinque o trent'anni? Ma ha un senso che uno venga condannato o
assolto dopo trent'anni...
Ha un senso che lo Stato ufficialmente, con una legge, si prenda metà
di una vita? Se uno viene incriminato a trent'anni rischia che più di metà
della sua vita gli venga presa, per il fatto di essere continuamente sotto
processo, mentre lo Stato non è in grado di stabilire, in un termine
ragionevole di dieci o dodici anni se è colpevole o innocente. A me questo
sembra veramente un sistema barbaro e quindi appoggio con convinzione questo
tipo di pregiudiziale.