Giovanardi, perchè questo interesse da parte sua sulla vicenda di Cucchi, tanto da essere critico rispetto alle posizioni della famiglia?
'Mi sono interessato alla vicenda di Stefano Cucchi perchè all'epoca dei fatti ero sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle tossicodipendenze e quindi venni coinvolto a livello istituzionale. Fin dall'inizio sostenni la tesi che stava ai medici obbligare quel ragazzo a nutrirsi e se così avessero fatto Cucchi sarebbe ancora vivo. Parliamo di un giovane all'epoca dei fatti debole, fragile, con gravi patologie che secondo i giudici che hanno assolto in Appello medici e agenti di custodia si spense soprattutto per inanizione a causa delle conseguenze dello sciopero della fame che intraprese'.
Insomma, lei afferma che la prima causa della morte su lo sciopero della fame e che Cucchi non venne picchiato?
'Sulle percosse vi è una sentenza che ha assolto in modo definitivo gli agenti di polizia penitenziaria contro i quali la famiglia Cucchi si era costituita parte civile sino in Cassazione sostenendone la colpevolezza, mentre per i carabinieri siamo soltanto all'inizio del processo di primo grado. Aspettiamo la sentenza: i processi si devono fare nelle Aule di giustizia e non sui media. Detto questo, la mancanza di cibo e acqua furono oggettivamente un fattore determinante nella morte del giovane. Guardi, Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi nel novembre 2009 in una trasmissione radio disse di condividere molte delle mie affermazioni e che - cito letteralmente - 'nelle cartelle cliniche emerge come Stefano abbia rifiutato cibo e acqua perché voleva parlare con il suo avvocato e con una volontaria di una comunità terapeutica dove voleva rientrare, oltre che con suo cognato. Che fosse un tossicodipendente con grossi problemi di droga come ha detto Giovanardi è vero'. Questo disse allora l'avvocato della famiglia. Del resto, nella sua casa dopo l'arresto venne trovato un chilo di sostanze stupefacenti già frazionate e pronte per la vendita. Non vi sono dubbi sulle sue attività e sul suo uso di droghe, una dipendenza per la quale venne accolto in comunità di recupero e che gli procurò negli anni precedenti ben 16 ricoveri al Pronto Soccorso per lesioni, fratture e ferite tutte inflittegli nel limaccioso mondo in cui operava. Ricordo che appena 15 giorni prima dell'arresto venne trovato davanti all'ospedale Figlie di San Camillo e ricoverato per l'ennesima aggressione subita'.
L'ex moglie di uno dei carabinieri sotto processo, Anna Carino, ha testimoniato come la notte dell'arresto i carabinieri avessero picchiato Stefano Cucchi. 'Quante gliene abbiamo date' le avrebbe detto l'ex marito.
'Ripeto, la famiglia Cucchi si costitutì parte civile contro gli agenti di polizia penitenziaria ora assolti in via definitiva mentre accettò un indennizzo dall'ospedale Pertini di un milione e 340mila euro, con i medici poi assolti in Appello con una sentenza che certificò come Cucchi sarebbe morto per cause naturali. Ora siamo all'inizio del processo contro i carabinieri. Io attendo la sentenza e mi piacerebbe che questa attesa fosse condivisa da tutti. Sottolineo anche che le numerose perizie della pubblica accusa e della Corte di Assise firmate dai più importanti medici forensi italiani hanno certificato come non via sia alcuna relazione tra le eventuali percosse e la morte del 31enne, stessa conclusione alla quale è giunta la Commissione parlamentare presieduta da Ignazio Marino. Il perito della parte civile sostiene il contrario. Saranno i giudici a decidere. Quello che ritengo inammissibile è il linciaggio pubblico che ha costretto a un calvario giudiziario prima gli agenti di polizia penitenziaria e che ora condanna mediaticamente e nel principale festival cinematografico italiano quei carabinieri come assassini. Un Paese così non è un paese civile'.