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QUELLO CHE DOVETE SAPERE SUI PROCESSI CHE RIGUARDANO STEFANO CUCCHI

Pubblico nuovamente  Il testo integrale della Superperizia depositata nei mesi scorsi in Corte d’Assise d’Appello a Roma nel processo che riguarda i medici accusati di aver causato, per imperizia e negligenza, la morte di Stefano Cucchi e la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Mario Remus, che chiedeva alla Corte di ritenerli colpevoli, anche se ormai si era arrivati alla prescrizione.

 Mercoledì 13 novembre alle ore 17,35 le agenzie hanno battuto la notizia che la Corte d’Assise d’Appello aveva emesso una sentenza con la quale confermava la richiesta sulla responsabilità dei medici, mentre alle 18,18 le agenzie battevano la notizia che in Corte d’Assise a Roma due carabinieri erano stati condannati in primo grado a 12 anni per l’omicidio preterintenzionale di Stefano Cucchi.

Si tratta di due sentenze diametralmente opposte, la seconda delle quali ha avuto un gigantesco rilievo mediatico mentre la prima è stata completamente ignorata dai media.

E’ evidente che la verità giudiziaria la conosceremo soltanto quando arriveremo ad avere le decisioni definitive della Corte di Cassazione.

Testo superperizia depositata In Corte d'Assise d'Appello


Requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Mario Remus

      E' dal 22 ottobre del 2009 che la Giustizia italiana cerca di fare piena luce sulle cause della morte di Stefano Cucchi, arrestato con l'accusa di spaccio di droga e deceduto pochi giorni dopo all' Ospedale Sandro Pertini di Roma.

Il caso ha avuto amplissima diffusione mediatica soprattutto per l’attività svolta dalla sorella Ilaria, con migliaia di articoli e trasmissioni televisive, sino ad un film presentato al Festival di Venezia, tutti concordi nel ritenere che il decesso sia stato causato da un pestaggio subito dal giovane dopo l'arresto prima o dopo l'Udienza di convalida dello stesso. Usciti definitivamente dal processo gli agenti di custodia, assolti con sentenza passata in giudicato, contro i quali la famiglia Cucchi aveva mantenuto la parte civile sino in Cassazione, sono ancora sotto processo i medici del Pertini, nei confronti dei quali la famiglia Cucchi ha ritirato la parte civile in cambio di un risarcimento, assolti già due volte in Corte d' Assise di Appello, dove è in corso a Roma un terzo processo avendo la Cassazione annullato con rinvio  anche la seconda assoluzione.

Nel 2015 sono state riaperte le indagini,questa volta nella direzione dei Carabinieri che avevano arrestato Cucchi, rinviati a giudizio per omicidio preterintenzionale mentre un nutrito numero di alti ufficiali dell'Arma rischiano il rinvio a giudizio con l'accusa di depistaggio.

Di questo processo i media hanno fornito una copertura straordinaria con paginate intere sulla carta stampata e ore ed ore di trasmissioni televisive, tutte in chiave colpevolista.

Manegli stessi giorni e nelle stesse ore era in svolgimento a Roma il processo contro i medici nell' ambito del quale è stata depositata l'ennesima perizia medica, richiesta dal Presidente della Corte di Assise, che conferma le tesi di tutte le precedenti richieste dai PM o dai magistrati giudicanti (clicca qui).

Particolarmente significativo é al riguardo l'intervento del Procuratore Generale Mario Remus del 6 maggio 2019, che trascrivo di seguito nella parte più significativa, recuperata grazie a Radio Radicale che ha registrato tutti gli interventi di quella Udienza, di cui i media italiani non hanno riferito nulla di nulla:

 “Oggi ci troviamo a giudicare un aspetto penale che come ho detto non arriverà comunque dalla pretesa punitiva dello Stato a granché perché nella migliore delle ipotesi si arriva a una prescrizione e dal punto di vista civile ho appena detto.

Fatta questa premessa non mi dilungo molto sulle prove perché come ho detto il mio è solo un intento di evidenziazione. Anzitutto voglio complimentarmi con il lavoro dei periti di ufficio, la Corte odierna ha nominato, a mio avviso, due bravi esperti che hanno finalmente fatto luce per quanto era l’oggetto della loro indagine, su questo processo in maniera equilibrata e logica.

Ora, i giudici sanno benissimo che quando c’è una perizia siffatta, e mi auguro che la valutino siffatta, è molto difficile per loro discostarsi salvo una congrua motivazione. Sappiamo anche, lo dico soprattutto per i togati, perché per noi addetti ai lavori è cosa risaputa, che quando c’è una causa di prescrizione del reato deve esserci una evidenza di una prova assolutoria altrimenti si apre la strada per la prescrizione. Ora il combinato effetto di questi due elementi che ho appena detto, a mio avviso, portano dal mio punto di vista ad una conclusione abbastanza tranquillante e anche per questo che non mi dilungherò molto sottoscrivendo in toto quello che è stato scritto dai periti nominati da questa Corte con un’unica precisazione, una aggiunta che vorrei che la Corte se avrà il tempo valutasse.

L’unico aspetto che mi sembra che questa perizia da loro disposta non ha esaminato compiutamente è l’aspetto del bilancio idrico.

Mi pare un aspetto importante perché se come abbiamo detto è importante il peso della vittima che alla morte pesava tra i 35 e i 37 chilogrammi, ho fatto il calcolo preciso nel ricorso per Cassazione che avevo fatto anche col sacco che è stato considerato quando è stato pesato, quindi con la tara, e i chilogrammi erano veramente pochi.

Ora. Di fronte a un soggetto che pesa così poco, il fatto che beva poco è molto importante. E noi qui abbiamo un qualcosa di eclatante perché nel – e sono gli atti che certamente avete e fra l’altro queste cose le ho scritte e le trovate, ecco perché non ho fatto una memorietta, perché sono nel primo ricorso per Cassazione che feci.

C’è un prospetto di bilancio dei liquidi, questo da annotazioni, che a me risulta non essere di otto litri in uscita ma di 3800 cm. cubici, ma che siamo 3 o siano 8 è poco rilevante se si pensa che nel prospetto del bilancio dei liquidi e nel diario infermieristico non viene mai indicato quanti liquidi assumeva.

Allora avere il dato finale dell’uscita dei liquidi e non avere il dato iniziale a mio avviso comporta due conseguenze: la prima è che il paziente veniva assolutamente trascurato sotto questo aspetto in quanto non monitorato, tant’è vero che non veniva indicato quanto beveva e questo può dire due cose, la prima è che c’è trascuratezza, la seconda è che c’è volontà di nascondere qualcosa. Io non so se sia vera l’una o l’altra. Posso assestarmi anche sulla prima ipotesi e cioè di trascuratezza, ma sicuramente è una trascuratezza inammissibile in un soggetto in queste condizioni di peso.

Alla fine qualcuno se ne accorge ed è un infermiere che poco prima della morte scrive nel diario infermieristico: il 21 ottobre– controllo diuresi, punto esclamativo. Ormai i giochi sono fatti. La diuresi non si controlla più da tempo, da quando è entrato. E poi aggiunge a fianco: NB: segnalare quanta acqua beve e controllare se beve. Punto esclamativo. Era troppo tardi perché il 21 alle 19,30 noi sappiamo che il giorno dopo, nella notte, il paziente muore.

E allora che dire di un ambiente ospedaliero di questo tipo, dove quando si entra si dice che c’è un catetere e non si mette nulla da rilevare. Quando entra si dice:  condizione generale del paziente, si scrive buone. Ora è chiaro, io la penso così e posso sbagliare, è chiaro che sono falsi evidenti insomma. Ai limiti dell’innocuo, certo. Perché se uno ha il catetere, è documentalmente provato che ha il catetere poi si scrive che non c’è nulla da rilevare che falso è, è come dire che non c’è il sole quando il sole c’è. Ma il punto è che questo ingresso è un biglietto di ingresso di questa struttura, è un biglietto d’ingresso perchè la dice lunga, oltre al peso che vi ho detto, e mi pare di aver indicato un peso assolutamente inverosimile, quello iniziale di ingresso al Pertini, alla luce poi del peso finale di qualche giorno dopo che è il fulcro certo.

Tutti questi elementi ci danno conto di una sciatteria, consentitemi questa espressione, per dirla più finemente, di negligenza che imperversava in questo ambiente, e ritorno ancora sull’aspetto del bilancio idrico. Io penso che vada anche considerato che ci fosse stata una nuria e cioè una sospensione delle urine perché questi quantitativi  sono veramente scarsi.

La perizia di primo grado non la voglio riesumare perché mi pare di averla distrutta abbastanza però parla addirittura di un bilancio negativo di dieci litri e questa situazione può avere provocato una insufficienza renale e una sindrome nefro-cardiaca e un collasso cardiaco, cioè una ragione in più, non sottrae nulla a quanto i periti hanno già detto ma è una ragione in più per avvalorare le loro conclusioni.

Ancora un altro punto, questo non c’entra ma vorrei chiarirlo. Passano certe cose che secondo me non devono passare perché tra l’altro sono anche contrarie non solo ad una fine analisi giuridica ma a un comune modo di pensare, ma si dice che gli elettrocardiogrammi non sono stati fatti perché il paziente si rifiutava.

Ma quando mai. Questo paziente addirittura all’ingresso ne fa due di elettrocardiogrammi. Ne fa due! Dopodiché anche questo, l’avevo esaminato, credo, nel ricorso per Cassazione. Il problema è che avevano dei problemi, probabilmente ne sono stati trattati un po’… diciamo da ingresso in caserma forse, non lo so, perché si è stato detto, per le difficoltà di effettuare un elettrocardiogramma che non stava attaccato alle costole perché era troppo magro, ma sappiamo benissimo che ci sono i terminali, possono essere… anzi comunemente vengono utilizzati degli adesivi che si attaccano dappertutto. Sono queste scuse…. Probabilmente era un paziente difficile, io non lo nego, lo sappiamo, era un paziente, lo provano tutti gli atti, difficile sotto l’aspetto psicologico, probabilmente era anche incensurato se non vado errato, quindi secondo le aspettative non si aspettava di andare in carcere come incensurato, probabilmente aveva anche qualche recriminazione su come la giustizia l’aveva trattato.

Sta di fatto che è un paziente che non è vero che non collabora, non è per niente vero, è un paziente difficile sicuramente ma non è vero che è un paziente che non collabora.

Si dice che fa lo sciopero della fame, ma non è vero, basta leggere poi il diario clinico, un medico dice: si propone nuovamente la reidratazione ma il paziente rifiuta perchè vuole parlare prima con il suo avvocato. E allora io credo che la Cassazione che ha rinviato a voi questo processo contiene già i passaggi per una assoluzione. Su questo punto cita i giudici di merito, e non a caso, dicendo: i medici non hanno indagato sui motivi del rifiuto laddove invece il loro preciso dovere era cercare di individuare e rimuovere i motivi del rifiuto ancor più in considerazione del fatto che Cucchi richiedeva costantemente di mettersi in contatto col proprio difensore, chiaro indice di un rifiuto di protesta e perciò agevolmente superabile.

E chi sta trattando questo paziente non è una struttura normale, è una struttura specializzata. Ce lo ricorda sempre la Cassazione di rinvio a questo processo: “determinate conoscenze devono essere pretese in un contesto ospedaliero e in particolare in una struttura di medicina protetta come quella dell’ospedale Pertini perché ivi sono ricoverati unicamente soggetti sottoposti a limitazione della libertà personale e che spesso attuano lo sciopero della fame o pratiche simili”.

E poi a mio avviso questo non era un paziente scioperante, era semplicemente un paziente difficile che non è stato trattato come avrebbe dovuto essere trattato. In particolare, io vorrei ancora aggiungere delle cose, però mi rendo proprio conto che tutto quello che serve e credo che sia anche evidente sia scritto negli atti di questo processo a cominciare per esempio, ce lo dice anche la Cassazione, che “le condizioni generali di Stefano Cucchi erano state sempre sottovalutate e che gli esami diagnostici erano disposti in modo automatico e routinario senza una finalità precisa e quasi con disinteresse così contribuendo al progressivo aggravamento delle condizioni del paziente rimasto totalmente all’oscuro della situazione – io direi magari anche parzialmente all’oscuro – in cui si trovava, nonostante i sanitari avessero in proposito uno specifico obbligo di informazione”. Non era una obbligazione formale, non solo doveva essere una obbligazione formale perché formalmente risultano… viene fatto sottoscrivere quel diario clinico che dicevo prima proprio perché il medico si cautela, però se loro leggono questi documenti hanno più il sapore di una medicina difensiva che di una medicina persuasiva. Invece era proprio questa che si doveva pretendere, cioè una medicina che, tenuto conto delle condizioni generali di questo paziente, generali fisiche soprattutto e psicologiche gli avesse dato, consentitemi, un tocco di umanità, perché forse questo voleva, questo sarebbe bastato per mangiare qualcosa, bere qualcosa in più di quello che non sappiamo ha bevuto, insomma per evitarci questa fine tragica che si è consumata anche molto rapidamente. E questo è un altro elemento. Si dirà sì, morte improvvisa. E’ vero. Noi usciamo di qui, abbiamo un incidente, moriamo. Però  magari c’è una macchina che non ha osservato lo stop, o dare la precedenza. E allora non è proprio un caso e credo che in questo processo di concause ce ne sono sicuramente molte, ne abbiamo dette prima, oggi ci occupiamo solo di un segmento finale, terminale con degli esiti che ho già detto molto limitati.

Io vorrei chiudere con parole di altri, secondo me sono molto più autorevoli delle mie e dette meglio di quanto potrei dire io, e sono le parole, sostanzialmente quasi finali della motivazione della Corte di Cassazione in cui dice “la condotta colposa censurata consiste nella totale omissione di cure e assistenza, omissione caratterizzata dal sordo disinteresse delle condizioni del paziente. Il giudizio contro fattuale deve porre in verifica di efficacia qualsiasi intervento doveroso e cioè, in ultima analisi, il semplice rispetto dell’impegno di Ippocrate. In questo caso infatti non si tratta di porre in verifica una specifica condotta curativa caratterizzata da particolare difficoltà tecnica o da significativa abilità diagnostica ma semplicemente l’adempimento del generico dovere di analisi e di ascolto del paziente”. Io credo che questo paziente non è stato ascoltato. Questa è la vera causa e le conclusioni dei vostri periti che voi avete nominato e anche la sciatteria con la quale è stato valutato e misurato il bilancio idrico dimostra che non c’è stato né un ascolto efficace dal punto di vista sanitario ma io aggiungo anche dal punto di vista psicologico che per questo tipo di pazienti era determinante perché, lo ripeto ancora una volta, il paziente non aveva una preclusione preconcetta e dura agli esami, tanto è vero che ne ha fatti. Non aveva una preclusione dura e preconcetta ad assumere totalmente cibo sussumibile uno sciopero della fame, era un paziente sicuramente difficile ma, io aggiungo, un paziente che poteva essere malleabile, quindi il mio intervento è finito, forse anche prima del tempo previsto.

Le mie conclusioni sono che tenuto conto della perizia disposta da questa Corte d’Assise, perizia che è stata molto apprezzata e le conclusioni sono di non doversi procedere per prescrizione del reato per tutti gli imputati. Grazie”

      Stefano Cucchi é stato pertanto ammazzato di botte dai Carabinieri (omicidio preterintenzionale), come il PM Giovanni Munarò sostiene nel processo dì primo grado in corso nei loro confronti, o le presunte percosse non ne hanno determinato la morte, come sostengonole numerose perizie commissionate da Pubblici Ministeri e Giudici?

       Siamo tra i pochi a continuare a sostenere, anche se questo costa insulti e minacce, che, così come nei casi illustrati precedentemente, i processi devono essere fatti nelle Aule di Giustizia e l'esito del processo deve essere scritto alla fine e non all'inizio dello stesso, tenendo conto della presunzione di non colpevolezza di cui parla la nostra Costituzione.

 


 
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