Partiamo da una domanda: quanti secondo voi degli italiani di oggi hanno letto il Cantico dei Cantici in una delle tante versioni tradotte dall’originale in lingua ebraica e quanti hanno letto la scollacciata Ninetta del Verzee del milanese Carlo Porta e i sonetti erotici del romano Gioacchino Belli?
Secondo me pochissimi e a quelli mi rivolgo per un piccolo commento sulla versione del Cantico proposta al Festival di Sanremo da Roberto Benigni, con il richiamo a fellazio e penetrazioni mai così esplicite né in quelle poesie dialettali né in capolavori della letteratura italiana come il Decamerone del Boccaccio, con annesso invito al pubblico e agli orchestrali presenti di metterle subito in pratica in una bella partouze collettiva. Mi scandalizzo per questo? Chi è senza peccato scagli la prima pietra e chi non ha cantato in qualche convivio goliardico il mitico Fanfulla da Lodi o Rosina dammela dammela (naturalmente “per amor”)?
Sorvolando sul fatto che Sanremo con milioni di spettatori sintonizzati sulla TV pubblica non è propriamente una cena di goliardi, la cosa veramente più grottesca di questa vicenda è l’apprezzamento del Cantico targato Benigni, di cui non c’è traccia in tutte le versioni che circolano da almeno 2400 anni, da parte di autorevoli esponenti delle Gerarchie Cattoliche.
Una volta si diceva “scherza coi fanti ma lascia stare i Santi”, oggi si fanno scherzi da prete, applauditi da certi preti, con i Santi e si usa il Cantico storpiato per sostenere in Eurovisione che il messaggio del Cantico è lo sdoganamento dei rapporti uomo-uomo, donna-donna, uomo-donna purchè ci sia l’amore.
Tesi rispettabilissima ma non contenuta né nella Bibbia nè nel Vangelo ma neppure nel Porta e nel Belli e meno che mai nei canti goliardici, malgrado il tentativo di mettere il Cantico sul loro stesso piano. Quando per la terza volta Benigni riciclerà come un avvenimento unico la lettura del suo Cantico suggerisco alla TV pubblica di mettere in sovraimpressione il cartello: “ogni riferimento al Cantico dei Cantici è puramente casuale”.
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