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Intervento del senatore Giovanardi in Commissione Antimafia  nella seduta  del 4 luglio 2017
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BOZZA NON CORRETTA STENOGRAFICO

XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico

Seduta n. 216 di Martedì 4 luglio 2017

Sui lavori della Commissione.

  PRESIDENTE. Il senatore Giovanardi ha chiesto di intervenire e l'Ufficio di Presidenza aveva deliberato che questo Pag. 25potesse avvenire nella successiva riunione nella quale avessimo noi il tempo e il senatore Giovanardi fosse pronto.

  CARLO GIOVANARDI. Grazie, presidente. Ho ritenuto doveroso mettere al corrente la Commissione, intervenendo proprio in Commissione antimafia, di una situazione che mi riguarda personalmente, sulla quale l'Ufficio di Presidenza ha anche assunto un'iniziativa, per cui credo che, anche in ragione di questo, abbisogni di una conoscenza da parte dei colleghi di una situazione che vi spiegherò, perché secondo me riguarda più il Parlamento, i colleghi e le loro prerogative che la questione del collegamento con la criminalità organizzata.
  La mia attività parlamentare relativa alle modalità con le quali le prefetture applicano le interdittive antimafia e, di conseguenza, le modalità di rifiuto di iscrizione nelle white list, si è sviluppata a partire dal 16 gennaio 2013 (eravamo ancora nella precedente legislatura) in dodici atti di sindacato ispettivo piuttosto corposi. Alcuni sono pagine e pagine, con richiesta di risposta in Aula, e tre con risposta in Commissione ambiente.
  Sullo stesso argomento sono intervenuto ripetutamente in Aula al Senato nella discussione della relazione della Commissione antimafia, in Commissione giustizia e poi nelle udienze conoscitive della Commissione antimafia a Bologna e a Reggio Emilia.
  La prima interpellanza, il 16 gennaio 2013, riguardava l'impresa Fratelli Baraldi di Modena, la seconda la Coopsette, la terza le ditte Baraldi, la quarta sempre l'azienda Baraldi. A tale interpellanza sui fratelli Baraldi il Governo fornì risposte articolate il 6 giugno del 2013, convenendo che erano necessari nuovi strumenti legislativi, atti a salvaguardare le aziende colpite da interdittiva.
  Solo in data 26 febbraio 2014 mi sono interessato, per le medesime ragioni per le quali mi ero interessato delle aziende Pag. 26sopracitate, dell'impresa Bianchini, con un'interpellanza al Ministero dell'interno. Premetto che Il Sole 24 Ore, in data 1° febbraio 2014, in un articolo a firma di Lionello Mancini, si era interessato della questione criticando aspramente la normativa vigente. Scriveva Il Sole 24 ore: «dopo decenni di sottovalutazioni o peggio di intrecci affari/criminalità, si è scatenata fra diversi comparti dello Stato una disordinata rincorsa al merito antimafioso che, tradotto in norme di ogni ordine e grado sfornate con la nota incultura legislativa, ha prodotto una strumentalizzazione grossolana dagli effetti spesso letali per l'anello debole della catena, cioè l'impresa».
  Sullo stesso argomento ho presentato un'interpellanza in data 22 luglio e 21 ottobre 2014. In data 29 ottobre 2014 mi sono intrattenuto a lungo in Aula sempre sulla questione relativa alle interdittive nell'ambito della discussione della relazione della Commissione parlamentare antimafia.
  Nel frattempo, in data 25 settembre 2014 avevo presentato un'altra interpellanza su quanto scritto dal consigliere Roberto Pennisi nella relazione annuale da Procuratore generale antimafia del gennaio 2014. Pennisi aveva sostenuto testualmente che «le infiltrazioni mafiose in Emilia-Romagna hanno riguardato, più che il territorio in quanto tale con un'occupazione militare, i cittadini e le loro menti, con un condizionamento quindi ancora più grave».
  Nei primi mesi dell'anno 2015 la DIA di Bologna procedeva all'arresto della famiglia Bianchini (padre, madre e i tre figli). Faccio presente che, fino ad allora, gli stessi soggetti sottoposti alla misura dell'arresto erano stati descritti in tutte le relazioni accompagnatorie delle interdittive come persone perbene e incensurate, dunque sino al momento dell'arresto le stesse autorità preposte alle interdittive definivano la famiglia Bianchini come composta da soggetti onesti. Pag. 27
  Successivamente ho presentato altre interpellanze, in data 14 luglio 2015 e 12 gennaio 2016, relative alle imprese Vincenzo Lo Bello, e tre interpellanze in Commissione ambiente.
  Salvo il caso della società Bianchini Costruzioni, tutte le altre imprese citate, delle quali mi sono interessato a livello politico, comprese la ditta Battaglia di Bologna (altra interpellanza) e la CPL di Concordia, sono state tutte riammesse in white list.
  Per l'attività parlamentare svolta a favore delle imprese e dei lavoratori del territorio è chiaro che non ho mai ricevuto alcun compenso, perché io non faccio l'avvocato, faccio il parlamentare, e non ho mai avuto, come è agli atti, alcun contatto né diretto, né indiretto con nessuno dei soggetti presunti ’ndranghetisti arrestati nell'ambito dell'operazione Aemilia. Come ho detto anche in udienza a Reggio, Iaquinta padre in quanto padre del calciatore era persona famosa ma, per mia fortuna, con nessuno dei 13.000 cutresi che stanno a Reggio Emilia e di tutti quelli arrestati né direttamente, né indirettamente sono accusato di aver preso neppure un caffè.
  I miei interlocutori in tutta questa vicenda sono stati il capo legislativo del Viminale, il prefetto Frattasi, il dottor Gratteri, che ho incontrato più volte anche all'inizio di questa storia, con cui mi sono consultato fin dal 2013, il dottor Cantone, che dopo un incontro con me in un'intervista sul quotidiano nazionale ha convenuto con molte delle mie posizioni, e poi prefetti, questori, carabinieri coinvolti nelle procedure di interdizione, in una dialettica molte volte accesa e polemica, ma sempre nel circuito della legalità.
  Le tre fattispecie per cui sono indagato sono le presunte minacce a un colonnello e a un maggiore dei Carabinieri che si sarebbero sentiti minacciati perché in un incontro pubblico con loro in divisa parlavo forte e gesticolavo. Come si potrà vedere Pag. 28dagli atti, ho detto esattamente le cose che avevo detto in Commissione antimafia, le stesse cose che ho detto là ho ridetto a loro, l'intralcio all'attività di un corpo politico amministrativo che sarebbe la prefettura, e la violazione di presunti segreti d'ufficio della prefettura, il tutto con l'evidente, paradossale e per me incredibile contestazione dell'aggravante di cui all'articolo 7 della legge 203 del 1991, agevolazione indiretta ad associazioni mafiose.
  La tesi della DIA e della procura antimafia si sostanzierebbe nella – a dir poco forzata – idea del ragionamento per cui, essendosi il senatore Giovanardi speso per la riammissione della società Bianchini nella white list ed essendo la famiglia accusata (è in corso il processo di primo grado) di aver avuto rapporti con la ’ndrangheta nella gestione di operai all'interno dei cantieri, il senatore avrebbe indirettamente agevolato la ’ndrangheta.
  Ricordo, per inciso, che la prefettura di Modena (è tutto agli atti della Commissione antimafia) aveva chiesto con un voto unanime della commissione provinciale per l'ordine pubblico il commissariamento del comune di Finale Emilia, dove operava l'impresa Bianchini, per infiltrazione mafiosa. Richiesta non accolta dal Ministro dell'interno, come è agli atti di questa Commissione, perché non ha trovato alcuna traccia di infiltrazione mafiosa (poi non so se debbano incriminare anche il Ministro dell'interno, perché ha cestinato l'indicazione della prefettura).
  Nel corso delle indagini, ragione per la quale ho saputo di questa cosa, i pubblici ministeri hanno dovuto chiedere l'autorizzazione al GIP al fine di utilizzare intercettazioni telefoniche indirette e tabulati telefonici acquisiti nel corso delle indagini. Il GIP competente alla decisione non ha optato né per la distruzione di questo materiale, né per la trasmissione della Pag. 29stessa alla Giunta per le immunità del Senato, per l'autorizzazione all'utilizzo dello stesso ai sensi della legge 140 del 2003, ma ha sollevato dubbi di costituzionalità relativi a un articolo di questa legge, quindi ha mandato tutto alla Corte costituzionale e, solo all'esito della decisione della Corte costituzionale, si potrà valutare l'utilizzabilità dei tabulati e delle intercettazioni.
  Non conosco le procedure ma, se qualcuno dei colleghi (se è possibile, perché non so se ci sia il segreto istruttorio o no) vuole una copia delle intercettazioni, sarò ben lieto di dargliele, perché mi dovrebbero dare la medaglia d'oro alla correttezza, da quello che emerge dalle intercettazioni.
  Ciò che la procura di Bologna ha evitato di inserire nella richiesta al GIP è tutta una serie di atti di indagine, già utilizzati in procedimenti paralleli o acquisiti per mezzo delle informative del procedimento che mi vede coinvolto, ottenuti in evidente violazione dei dispositivi dell'articolo 68 della Costituzione e della legge 140 del 2003.
  Ci si riferisce, ad esempio, oltre ai già citati tabulati e intercettazioni che vedono come oggetto l'utenza personale di un parlamentare, all'utilizzo di filmati e registrazioni effettuate da terzi poi indagati all'insaputa, naturalmente, di chi parla all'interno della sua abitazione e del suo ufficio privato, al contenuto di detti filmati in cui vengono indirettamente intercettate telefonate del senatore con colleghi parlamentari, prefetti, questori e massime autorità dello Stato, e ai pedinamenti dei collaboratori del senatore sotto lo studio privato dello stesso, un vero e proprio accerchiamento indiretto con richiesta di intercettazione di tutti i soggetti che direttamente o indirettamente avevano contatti con il senatore in via istituzionale per la questione relativa alle interdittive antimafia.
  Tali atti, in violazione evidente delle prerogative di un parlamentare in carica e della Costituzione, sono stati utilizzati Pag. 30illegittimamente. Però il problema è che, trattandosi di fase di indagine senza formulazione di capi di imputazione ex articolo 415-bis, è evidente come tutti i fatti descritti dovranno successivamente essere vagliati dalla Giunta per le autorizzazioni che, alla luce di una giurisprudenza costante, non potrà che dichiararne la inutilizzabilità.
  Nelle informative di quei fascicoli d'indagine si arriva addirittura a sostenere come l'attività di parlamentare del senatore Giovanardi sia di per sé non giustificabile, poiché la critica alla normativa delle interdittive si risolverebbe in agevolazioni alle mafie. Questo scrivono le informative: Giovanardi vuole cambiare le leggi.
  La procura in sostanza critica l'attività politica del senatore, pretendendo di indicare quali battaglie politiche siano legittime e quali no. Sono riuscito, ad esempio, a far passare per legge il commissariamento delle aziende interdette, cosa che ha salvato la CPL Concordia, perché nel frattempo che uno chiarisca se c'è o non c'è questo pericolo l'azienda non fallisca, come stanno fallendo la Baraldi e altre che, purtroppo, hanno riammesso in white list quando ormai era troppo tardi.
  Dulcis in fundo si precisa come tutti gli atti di indagine, in violazione palese del segreto istruttorio, siano giunti nelle mani dei giornalisti del Gruppo Espresso e Giovanni Tizian de La Gazzetta di Modena, che hanno pubblicato interi stralci del fascicolo d'indagine come megafono della procura, con il solo, evidente scopo di ledere l'immagine del sottoscritto, esempio tipico di processo mediatico imbastito sulla base di violazioni palesi di segreti istruttori. Quando ho potuto visionare gli atti, ho infatti letto queste cose che erano già state pubblicate da L'Espresso.
  Se la Giunta del Senato avesse potuto discutere il caso, come è avvenuto per quello dei colleghi Esposito e Mirabelli, che sono Pag. 31venuti in Giunta in quanto indagati anche loro per una questione non archiviata ma mandata alla Giunta, si sarebbe potuto facilmente accertare come tutte le iniziative pubbliche, le conferenze stampa, le conversazioni telefoniche, pur illegittimamente acquisite agli atti dalla procura, siano la ripetizione pressoché testuale delle opinioni espresse dal sottoscritto negli atti del sindacato ispettivo e negli interventi al Senato, iniziative parlamentari prerogative di un senatore della Repubblica che hanno consentito di modificare la normativa sulle interdittive. A titolo di esempio, la proposta (poi divenuta norma) di creare un commissario per le aziende colpite da interdittiva, per evitare il loro fallimento prima della riammissione in white list.
  Mi dispiace che al Senato non siano state introdotte altre iniziative, come quelle proposte da Cantone, di un controllo giurisdizionale sulle prefetture o di tre prefetti anziani che a Roma siano a stabilire omogeneità sul territorio, in maniera tale che un prefetto non adotti una linea diversa da un altro prefetto a seconda delle circostanze locali, ma ci sia un'omogeneità nell'affrontare questo tema, iniziative evidentemente non gradite dalla procura.
  Prima che succedessero tutte queste cose e prima della vicenda Bianchini, infatti, cosa c'era scritto nel rapporto scritto da Pennisi (con cui io ho polemizzato a Bologna)? «Sicché non inutile sarebbe una maggiore cautela nel disapprovare provvedimenti di organi amministrativi dello Stato, peraltro sottoposti ai controlli giurisdizionali previsti dalla legge, con censure che creano disorientamento nella collettività e che certo non concorrono alla formazione di un sentimento dei cittadini in termini di repulsione delle infiltrazioni mafiose, anche quando queste appaiano dotate di appeal, in altre parole concorrendo a determinare l'erosione della legalità a tutto favore della logica del profitto. Il che, specie in un periodo di crisi economica di Pag. 32fatto favorisce organizzazioni criminali di tipo mafioso, è un imperdonabile errore (quando di errore si tratti), che rischia altresì di rafforzare il convincimento dei soggetti che operano nell'ambito del crimine di poter godere di protezione e coperture tali da indurli a considerarsi forze vive della società civile e, quindi, godere e fruire delle opportunità offerte dalla moderna economia globalizzata e dai suoi strumenti come se stessero operando nella legalità».
  Questo lo metto insieme a quanto detto all'inizio, ossia che le mafie avrebbero conquistato tutte le menti degli emiliano-romagnoli, cosa che io respingo con forza e indignazione, anzi sono stato io a chiedere perché non li abbiano arrestati e non siano intervenuti con decisione anche negli anni passati contro queste azioni criminali, perché io ho parlato sempre di atti amministrativi (che, come voi sapete, sono un meccanismo di prima difesa, in maniera tale che se c'è il sintomo o non si può escludere una possibile, futura infiltrazione, si arrivi all'interdittiva). Ma non stiamo parlando di reati (c'è scritto in tutte le interdittive), le persone possono essere assolutamente perbene, ma possono essere oggetto di ...
  Siamo in presenza di un'indagine unicamente orientata a colpire un'attività parlamentare, che ho sempre fatto e svolto nel pieno delle mie prerogative costituzionali, in quanto le mie non erano tese a criticare la lotta alla mafia, anzi ho votato dal 1992 in avanti tutti i provvedimenti di contrasto alla mafia, li ho votati tutti con convinzione intervenendo in Aula e non ho alcun problema a riconfermare questa mia posizione. Però ho detto in Commissione antimafia che i cittadini devono aver paura della mafia, della ’ndrangheta e della camorra, non devono avere paura delle autorità, le autorità devono essere amiche dei cittadini e delle imprese, non devono aver paura di chi li aiuta. Pag. 33
  Certo, quando ci sono casi di centinaia di persone fallite sulla base di rapporti che poi appaiono fallaci... la prima cosa di cui mi sono interessato è stato il caso di un tale a cui era stata data l'interdittiva sostenendo che un suo dipendente avesse una condanna, ma poi è stato assolto. Ho dovuto sudare sette camicie per convincere il prefetto di Ferrara a riceverlo, perché non voleva riceverlo, ma io ho insistito che avevano scritto una cosa sbagliata e ho chiesto che ricevessero l'imprenditore e verificassero, e alla fine l'hanno rimesso in white list. Certo che ho discusso con il prefetto, ma era mio dovere discutere con il prefetto, perché è il Parlamento che controlla le prefetture, non sono le prefetture che controllano il Parlamento, come mi sembra che mi abbiano insegnato a suo tempo.
  Volevo solo illustrarvi questa situazione e spiegarvi anche perché, quando è venuto il dottor Gratteri e abbiamo ascoltato le questioni relative a Capo Rizzuto, sono venuto in Commissione, come faccio quando posso, perché ho la Commissione giustizia che, fra le altre cose, si è interessata delle interdittive con udienze conoscitive più volte. Quindi vengo quando posso e non coincide con l'intervento in Commissione giustizia, ma quando vengo in Commissione antimafia mi sento pienamente legittimato a farlo.
  In più dico anche ai colleghi: attenzione, non è un problema del senatore Giovanardi che è qui dal 1992 (e probabilmente, come il presidente, non si ripresenterà), ma diventa un problema serio per tutti i colleghi che si interessano di questioni che sono prerogativa dei parlamentari, perché qui viene sindacato l'orientamento, le iniziative, le interpellanze che i parlamentari fanno e anche le loro modifiche legislative, che possono essere giuste o sbagliate, ma è il Parlamento che decide quello che è giusto o sbagliato, non può essere deciso dalle Pag. 34informative di un poliziotto o di un carabiniere o dalle idee politiche.
  Questo è un altro problema che dirò nella sede opportuna, perché uno dei due pubblici ministeri è stato per due anni capo di gabinetto di un Ministero di un Governo che ho fatto cadere. Capisco che avendo organizzato la sua vita, avendo preso l'aspettativa da magistrato ed essendo andato a fare il capo della segreteria, essendo dopo due anni caduto il Governo ed essendo io uno di quelli che lo ha fatto cadere, magari un grande trasporto nei miei confronti non ci può essere.
  Questo però è un altro argomento, è un altro problema della legislazione italiana, che esula dal merito della questione di cui ho ritenuto doveroso informare i colleghi.

  PRESIDENTE. C'è qualcuno che vuole intervenire? Come sapete, l'Ufficio di Presidenza all'unanimità aveva indirizzato una lettera al senatore Giovanardi e all'onorevole Nuti perché, a partire dalla loro posizione giudiziaria, valutassero se era ancora opportuna la loro attiva partecipazione alla Commissione, fermo restando che non è la Commissione che decide i suoi componenti, né i due si trovano in una situazione di incompatibilità con le regole del Codice.
  Siccome entrambi hanno deciso di continuare a partecipare, ne hanno piena facoltà, la loro partecipazione è assolutamente legittima. Il senatore Giovanardi aveva chiesto di poter spiegare la sua posizione e l'Ufficio di Presidenza ha ritenuto giusto che gli fosse concesso.
  Questo è avvenuto e resterà nel resoconto della Camera. Prego, senatore.

  CARLO GIOVANARDI. Alla luce anche del fatto che, essendo stata data alla Corte costituzionale, questa vicenda si perderà negli anni, io chiedo solo al presidente se posso ritenere superato l'invito dell'Ufficio di Presidenza.

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  PRESIDENTE. Senatore, come le ho già spiegato in Ufficio di Presidenza, gli inviti non sono superati, sono superati dalla sua decisione e dalla spiegazione che lei ha dato della sua decisione. Per quanto ci riguarda lei è a pieno titolo componente di questa Commissione e le auguriamo buon lavoro.