Unione (non nozze) in Alta Uniforme
Tutti i giornali italiani hanno dato ampio spazio alla notizia di due donne, tenente di vascello e nocchiero della Marina Militare,
che hanno stipulato una Unione Civile, con titoli del tipo: "prime
spose in divisa", "prime nozze lesbiche", "Maria Teresa e Lorella si
sono sposate".
In teoria le Unioni Civili, riconoscimento di una "specifica formazione sociale" (art.1 legge 20 maggio 2016 nr 76), non hanno nulla a che fare con il matrimonio
che viene citato nell' art 29 1 comma della Costituzione: "La
Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale
fondata sul matrimonio", tra uomo e donna come ha ripetutamente ribadito
la Corte Costituzionale".
In un paese democratico la Costituzione si può cambiare e decidere
che il "naturale" si riferisca anche a matrimoni tra uomo e uomo e donna
e donna. Questo renderebbe corretti i titoli dei giornali che hanno
parlato di "nozze", "spose" ecc.
Ma questo cambio di impostazione, il cui rischio abbiamo denunciato fin da tempi non sospetti – da quando la legge Cirinnà era in discussione in Parlamento - spalancherebbe la porta anche alle adozioni ed alla pratica dell'utero in affitto per queste coppie, che è proprio l' obiettivo per cui si battono le organizzazioni fondamentaliste del mondo LGBT,
con relativa compravendita di bambini sul mercato, privando gli stessi
del sacrosanto diritto a conoscere e a crescere con un padre ed una
madre.
La goliardata in Alta Uniforme e la benedizione del Ministro della Difesa,
assieme ai titoli fuorvianti dei giornali, dimostrano con quanta
supeficialità, speriamo non malafede, si trattano questioni così
importanti per il futuro del nostro Paese.
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