MAFIE. GIOVANARDI RINVIATO A GIUDIZIO, MA LUI ANNUNCIA BATTAGLIA

MAFIE. GIOVANARDI RINVIATO A GIUDIZIO, MA LUI ANNUNCIA BATTAGLIA
EX SENATORE: PROCESSO SENZA OK PARLAMENTO E CON PROVE ILLEGITTIME 
(DIRE) Modena, 17 nov. - Carlo GIOVANARDI non ci sta. L'ex senatore del Pdl, rinviato a giudizio a Modena dove gli vengono contestate presunte pressioni fatte nel 2016 sulla Prefettura a favore di imprese in odore di 'ndrangheta, si discolpa e contestare la regolarita' del provvedimento emesso nei suoi confronti, su cui sollecitera' un intervento della Corte Costituzionale. Secondo la Procura di Modena, che ha ereditato l'inchiesta dalla Direzione antimafia, GIOVANARDI avrebbe in particolare aiutato la Bianchini Costruzioni a rientrare nella "white list" provinciale, dopo che un'interdittiva antimafia del prefetto aveva escluso la ditta dagli appalti pubblici dei lavori per la ricostruzione post sisma in Emilia. L'imprenditore Augusto Bianchini e' stato poi condannato in primo grado a nove anni e 10 mesi nel processo Aemilia, celebrato contro la 'ndrangheta a Reggio Emilia. In questo contesto all'ex politico e' stato notificato a maggio del 2017 un avviso di garanzia con l'accusa di aver minacciato due ufficiali dei Carabinieri in divisa (gesticolando e parlando forte in un pubblico esercizio), minacciato un Corpo politico amministrativo (la Prefettura di Modena) e violato segreti della stessa relativamente alle istruttorie amministrative relative ad interdittive antimafia che colpivano imprenditori del territorio. "Il Gip- spiega GIOVANARDI- si rivolse alla Corte costituzionale sostenendo che poteva utilizzare liberamente le intercettazioni captate sul mio telefonino, ma la Corte gli ha dato torto sentenziando che le intercettazioni che si ritengono indispensabili vanno richieste alla Camera di appartenenza, in caso contrario distrutte, non tanto per tutelare GIOVANARDI, ma il ruolo del Parlamento". La Giunta per le autorizzazioni del Senato, viene puntualizzato, "ha poi discusso il caso che e' stato trasmesso all'aula per la decisione definitiva". Nel frattempo, ricorda l'ex parlamentare, "sono stato convocato dai pm del Tribunale di Modena, a cui e' stata trasferita l'inchiesta dopo che e' stata tolta l'aggravante mafiosa. Ai magistrati ho fatto presente che il Senato deve ancora decidere, che sono tenuti ad inviare la richiesta di utilizzazione di intercettazioni carpite da privati, ed infine ho consegnato loro il promemoria, a suo tempo presentato in Giunta, dove ricordo le decine di interpellanze, interventi in aula e nelle commissioni Giustizia e Antimafia sul tema interdittive, molte delle quali riguardavano proprio imprese del mio territorio di elezione". Nonostante tutto questo, afferma GIOVANARDI, "mi ritrovo adesso rinviato a giudizio, senza il vaglio dell'udienza davanti al Gup, senza attendere la decisione del Senato e con l'intenzione di utilizzare le intercettazioni carpite fraudolentemente". Tuttavia, "visto che nessuno mi contesta aver ricavato utilita' economiche o di altro genere dalla mia attivita', ne' di aver mai avuto frequentazioni con i 13.000 cutresi residenti tra Reggio Emilia e Modena, sotto attacco c'e' in realta' la mia attivita' di contestazione, in Parlamento e sul territorio, di interdittive macroscopicamente infondate, in tantissimi casi poi corrette con una tardiva iscrizione in white list, non sufficiente purtroppo per salvare le aziende dal fallimento". GIOVANARDI ringrazia quindi la presidente del Senato per aver trasmesso nuovamente gli atti alla giunta per le autorizzazioni di Palazzo Madama "dove chiedero' di essere nuovamente udito per sollecitare la necessita' di inviare la questione alla corte Costituzionale per conflitto di Attribuzioni, in difesa della liberta' del Parlamento". Come "ministro e sottosegretario alla presidenza del Consiglio- conclude- ho giurato fedelta' alla Repubblica, quella democratica nata dalla lotta di Liberazione. Quella nella quale sono i rappresentanti del popolo ad avere il diritto ed il dovere di contestare, anche aspramente, gli errori e gli orrori burocratici, perche' il nostro non diventi uno Stato di Polizia dove, come al tempo del fascismo, erano i Prefetti a controllare i cittadini".

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