Unicredit finanzia i Gay Pride blasfemi. Giovanardi a Pro Vita & Famiglia

Unicredit sponsorizza e appoggia il Gay Pride e un suo illustre correntista ed ex dipendente sceglie di portare altrove i suoi soldi. Protagonista della vicenda è Carlo Giovanardi. L’ex parlamentare e ministro aveva inviato nei giorni scorsi una lettera al presidente del gruppo bancario Pier Carlo Padoan, esprimendo il suo sconcerto per i costumi e le immagini blasfeme esibiti durante le manifestazioni tenute sabato 26 giugno nelle principali città italiane. Giovanardi aveva dunque chiesto una presa di distanze e delle spiegazioni da parte dei vertici dell’istituto bancario.

La risposta della responsabile della Costumer Satisfaction non entra minimamente nel merito delle offese alla sensibilità religiosa degli italiani sollevata dall’ex ministro. «UniCredit – si legge – ha scelto di illuminare dei colori della “rainbow flag” la guglia della sua sede centrale in Piazza Gae Aulenti a Milano durante le notti da venerdì 25 giugno a domenica 27 giugno, in sostegno al Milano Pride, per il quarto anno consecutivo». Questa iniziativa, prosegue la nota, «testimonia l’incessante e forte impegno della banca sui temi della diversità e dell’inclusione, risorse essenziali per la sostenibilità del nostro business e l’innovazione, nonché parte integrante della nostra cultura aziendale. Promuovere un ambiente che accoglie diversità di pensiero e di idee permette altresì di soddisfare al meglio le esigenze dei clienti. Confidiamo – conclude la risposta – di aver adeguatamente rappresentato il messaggio che UniCredit ha inteso trasmettere con questa iniziativa e porgiamo i nostri più cordiali saluti».

Ricevuto riscontro, Giovanardi ha dichiarato: «Prendo atto della risposta di Unicredit che a posteriori avalla gli atteggiamenti blasfemi, il livore anticattolico, gli attacchi sguaiati alla Santa Sede, la rivendicazione dell’ignobile pratica dell’utero in affitto ostentati al Gay Pride di Milano. Libera Unicredit di sponsorizzare chi vuole, libero io di abbandonarlo per un Istituto di Credito che non sia complice di chi offende i convincimenti miei e di milioni di italiani». Nel momento culminante della vicenda, Pro Vita & Famiglia ha raggiunto Carlo Giovanardi per un commento.

Senatore Giovanardi, cosa l’ha spinta a mettere in chiaro le cose con la sua banca?

«In qualità di ex ministro della Repubblica che ha più volte giurato fedeltà alla nostra Costituzione e alle nostre leggi e anche come ex dipendente di Unicredit (ero nell’ufficio legale della Cassa di Risparmio di Modena, che poi divenne Unicredit), ho scritto all’ex Ministro Padoan, ora presidente Unicredit, facendogli presente che al Milano Pride è stata fatta blasfemia nei confronti di Cristo. Sono stati insultati la Chiesa, i cattolici, la Santa Sede, con i soliti sguaiati atteggiamenti che, invece di favorire gli omosessuali, li danneggiano. Ho anche fatto presente che al Milano Pride i manifestanti si sono schierati a favore dell’immonda pratica dell’utero in affitto, che, oltretutto, in Italia è un reato. Ho quindi invitato il presidente a prendere le distanze da quel che è accaduto».

Cosa farà ora che Unicredit ha confermato il suo sostegno al Gay Pride?

«Con dolore, dovrò trasferire tutti i miei risparmi dalla banca per cui ho lavorato ad un altro istituto di credito. Non sarò solo io, comunque, a ritirare i miei risparmi, anche altri correntisti mi hanno riferito che lo faranno. Del resto, come si fa a tenere il proprio conto in una banca che fa ideologia, che si schiera politicamente e che avalla manifestazioni offensive e volgari nei confronti di milioni di italiani?».

Pier Carlo Padoan, non ha risposto di persona alla sua lettera, ma si presume che, in qualità di presidente di Unicredit, abbia avallato tutta l’iniziativa…

«I casi sono due: o questa azione rispecchia un orientamento ideologico oppure si è trattato di una scelta di marketing; in quest’ultimo caso, la dirigenza avrà valutato che con questa presa di posizione si sarebbero potuti acquisire nuovi clienti dal mondo lgbt. Se, però, invece di guadagnare nuovi clienti, ne avranno perduti tantissimi dei vecchi, credo che dovranno farsi i loro conti. C’è già, all’interno di Unicredit, chi dice che si tratta di un equivoco da chiarire, alcuni clienti però hanno detto che trasferiranno i loro soldi. Naturalmente tutto dipende anche dalla capacità di reazione del mondo cattolico o di chi sicuramente è stanco di prendere schiaffi in faccia e non reagire. Ciò vale per chiunque sia cliente di Unicredit e ritenga di avere qualche difficoltà nell’assistere a Cristo dileggiato, alla religione presa in giro e a una campagna per l’utero in affitto portata avanti. Quello che ho fatto io, dovrebbero farlo in tanti. O Unicredit si dissocia da questa iniziativa, o mi dissocio io dalla banca. Di banche ce ne sono tante, non è obbligatorio avere il conto in una banca che fa da cassa di risonanza del movimento lgbt».

Il suo atto pubblico è la conferma di qualcosa di ben noto da molto tempo, di cui però non si parla mai abbastanza: il massiccio sostegno dei grandi gruppi finanziari e bancari ai movimenti lgbt.

«Lo scorso 12 maggio è scaduto il bando dell’UNAR, in base al quale gli lgbt prendono 4 milioni di euro l’anno solo dallo Stato; ovviamente in questa cifra non si contano i fondi ricevuti dalle Regioni, dagli enti locali o dai privati. Il problema, però, non riguarda solo chi li sponsorizza ma anche chi tollera queste cose senza far niente. Si provi a immaginare se un istituto di credito avesse assunto una posizione considerata “omofoba”: quella banca sarebbe stata travolta da furibonde polemiche del mondo lgbt. È evidente che tutto questo sia collegato a interessi e pressioni da parte di quel mondo».