4 agosto 2016: il giorno della vergogna del Senato della Repubblica

4 agosto 2016: il giorno della vergogna del Senato della Repubblica

Signor Presidente, intervengo per illustrare una questione sospensiva e una questione pregiudiziale. Non vorrei entrare nel merito, del quale spero sì che parleremo, ma non oggi, ma per parlare dei tempi e dei modi con i quali il Senato si è trovato ad affrontare tale questione. Soltanto il giorno 15 luglio noi abbiamo saputo che il collega Caridi, che è arrivato ed è qui (e che secondo la Costituzione non è colpevole fino a sentenza passata in giudicato), sarebbe stato, come riportano ancora oggi i giornali, uno dei cinque componenti della cosca mafiosa, massonica e criminale che avrebbe condizionato negli ultimi vent’anni tutta la vita politica, amministrativa ed elettorale della Calabria, avendo condizionato le elezioni comunali, provinciali, regionali, nazionali ed europee. Quindi, un’accusa gravissima. Questi sarebbero i mammasantissima che hanno governato la Calabria. Come ha detto il relatore questa mattina, questa accusa sui giornali c’è ancora, ma in realtà è caduta. Avete infatti sentito il relatore Stefano dire che il senatore Caridi non è uno dei capi, ma sarebbe un semplice esecutore. E il relatore Stefano ha anche detto che non è implausibile che lo sia; poi vedremo, nel merito, come, quando e dove avrebbe fatto qualcosa di esecutivo. Veniamo invece ai tempi e al perché della richiesta di sospensiva. In data 15 luglio a noi sono arrivate 2.050 pagine di richiesta, che, come membri della Giunta, ci siamo affrettati a tentare di leggere compiutamente. Il 27 luglio, però, sono arrivate altre 1.800 pagine integrative da parte della procura, che in parte modificano, come ha detto il relatore, largamente l’accusa. Caridi non era più il capo della cupola, ma diventava, da quanto abbiamo capito, semplicemente un esecutore.
Nel frattempo, era stata data al collega Caridi, come data di scadenza dei termini di difesa, il 1° agosto. Naturalmente i suoi avvocati hanno lavorato su queste 5.000 pagine e il 1° agosto egli ha depositato la sua documentazione difensiva che, come membri della Giunta, avremmo dovuto leggere con attenzione. In parte, naturalmente, lo abbiamo fatto, perché il 2 agosto abbiamo ascoltato anche il senatore Caridi, che è stato audito dalla Giunta e ha illustrato la documentazione. Da essa risulta (è la versione del senatore Caridi) che tutte le affermazioni fatte dai partiti circa la rilevanza di un appoggio della ‘ndrangheta nelle sue vicende elettorali (dove, per le regionali, due volte su tre è stato, detto con un termine tecnico molto brutto, “trombato”, cioè non è stato eletto) sono totalmente false. Egli ha consegnato i tabulati, seggio per seggio, nei quali le famiglie della ‘ndrangheta lo avrebbero aiutato, dimostrando, per atti, che in quei seggi i suoi concorrenti hanno ottenuto il massimo dei voti e lui, di voti, non ne ha ottenuti. Anzi, esistono intercettazioni di mafiosi che esultano perché è stato eletto un suo concorrente al quale loro hanno fatto pervenire i voti. Che cosa abbiamo allora chiesto noi, invano, il giorno 3 agosto, dopo poche ore che il senatore Caridi ci aveva portato la sua documentazione difensiva? Che si facesse una verifica per scoprire se il senatore Caridi avesse detto il vero o il falso. Mi riferisco alla documentazione che il senatore Caridi ha prodotto per dimostrare che tutte le affermazioni dei pentiti sono assolutamente false. La famosa intercettazione ambientale del 2002, in cui il sottosegretario Valentino parla a lungo con cui e con un altro deputato di elezioni e liste, è agli atti, se qualcuno avesse la voglia di leggerla: sono pagine in cui si parla soltanto della Calabria, degli investimenti, della possibilità di sviluppo della Calabria, di chi fa il sindaco eccetera. Poi, alla fine, il senatore Valentino dice qualcosa del genere: caro Caridi, tu vieni da una famiglia in cui tuo padre e tuo zio sono recordman di preferenze; se vieni eletto ci paghi la cambiale. Questa sarebbe stata interpretata come una cambiale pagata alla criminalità organizzata. Il senatore Caridi, allora, ha detto il vero oppure ha detto il falso. Mi chiedo però se noi in dodici ore, con 5.000 pagine da leggere, con la sua relazione difensiva depositata ieri mattina, possiamo mandare in carcere un collega con tutti i punti interrogativi che sono rimasti aperti, e non sul fatto che faccia parte della cupola della mafia (il che è stato escluso), ma che abbia fatto da qualche parte un intervento in favore della ‘ndrangheta, anche se in tutte le pagine non c’è un episodio che viene citato
in questo senso. Egli è senatore, noi siamo qui in Senato da tre anni e tutti abbiamo visto l’attività frenetica che il senatore Caridi ha posto in essere a favore della ‘ndrangheta, no? Non si capisce dove, come e quando ciò sia avvenuto.
Signor Presidente, se il 13 agosto il cosiddetto tribunale della libertà prende una decisione, siamo noi che oggi dobbiamo mandare in carcere il collega? Ciò sulla base della seguente affermazione: non è implausibile. È agli atti: non è implausibile. Non si può cioè escludere che ci sia un qualche rapporto, ma ciò vale per tutti i colleghi eletti nelle Regioni dove la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra sono presenti. Chi può escludere che chi è eletto in quelle Regioni con voto di preferenza non abbia un qualche collegamento? Si può mandare in galera una persona sulla base del fatto che una determinata circostanza non si può escludere? Io penso che una persona va in carcere se ci sono elementi fondati, veri, seri e provati per la custodia cautelare, che non è la sentenza di condanna passata in giudicato: è un avvenimento che marchia la vita di una persona, della sua famiglia e la sua onorabilità. Credo che sarebbe auspicabile saggezza da parte del Senato, davanti a una vicenda che passerà alla storia. Su questo, infatti, verranno scritti libri quando si scoprirà che in quarantotto ore il Senato ha votato senza dare neppure il tempo di leggere compiutamente le carte. Non l’ho detto io, ma magistrati autorevoli che abbiamo in Giunta, che per quarant’anni sono stati magistrati hanno denunciato come sia incomprensibile il fatto che si possa decidere della vita di una persona non solo senza aver avuto il tempo di leggere le migliaia di carte, ma senza neanche poter valutare la sua difesa, se le fattispecie sono vere o no (e questo non noi, ma gli uffici), senza aver avuto il tempo di verificare. Ci sono state date le tabelle: è vero o non è vero che in tutti i seggi indicati dai pentiti lui non ha preso voti? Se è vero, l’accusa di aver condizionato le elezioni (non diciamo quelle europee, regionali, provinciali e comunali dove non è stato eletto) è risibile e grottesca e, se è vero che nelle zone dove sono state indicate le famiglie mafiose i voti non li ha presi, perché lo dobbiamo mandare in carcere noi? Lasciamo che sia il tribunale per il riesame, che in questi quindici-venti giorni ha avuto modo di guardare e di valutare le carte, a decidere e poi, sulla base di quella decisione, anche il Senato, con le idee un po’ più chiare, potrà decidere della vita di un collega. Nella mia cultura c’è scritto di non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te e chiedo a tutti i colleghi di mettersi nei panni del collega che dovrebbe finire in carcere senza che questo Senato ne abbia determinato i motivi.
Signor Presidente, ho conosciuto il senatore Caridi nel 1997, quando aveva circa 28 anni ed era stato appena eletto consigliere comunale, perché ero andato a Reggio Calabria a presentare il mio libro «Storie di straordinaria ingiustizia». Avevo scelto Reggio Calabria perché l’ex sindaco Pierino Battaglia e l’ex deputato Quattrone si erano fatti mesi o anni di carcere, accusati di essere i mandanti dell’assassino del presidente delle ferrovie Ligato, e poi erano stati assolti con formula piena. Era uno dei tanti casi di storia di straordinaria ingiustizia e mi ritrovai in una sala affollatissima perché Quattrone e Battaglia, specialmente quest’ultimo, erano considerati dall’opinione pubblica come persone integerrime. Avevano subito questo calvario giudiziario incredibile e l’onta del carcere per mesi o anni e poi erano stati assolti con formula piena. Ho il ricordo di questa vicenda e di questo giovane consigliere comunale. Poi, Presidente, ho anche il ricordo di Aule parlamentari e di vicende parlamentari, come per esempio quella in cui i girondini furono consegnati dalla Convenzione nazionale ai carnefici e venne tagliata a tutti loro la testa perché, com’è noto, quell’Assemblea decise a maggioranza di consegnarli al patibolo in quanto avevano divergenze politiche con la maggioranza giacobina. Posso ricordare, sempre nell’utilizzo dei Regolamenti parlamentari, che i fascisti fecero decadere gli aventiniani da deputati utilizzando uno strumento regolamentare: non partecipavano all’Assemblea e quindi vennero dichiarati decaduti. Questo per dire che nella storia parlamentare ci sono episodi vergognosi che poi la storia ha riconosciuto come tali e che rischiamo di reiterare oggi in questa Aula. Non ho ancora sentito nessuno, salvo il Presidente della Giunta, spiegarmi quale sia l’episodio singolo e specifico nel quale il senatore Caridi avrebbe favorito, come esecutore, la mafia. Vedo nelle tribune la giornalista Milella, di «la Repubblica», ma non solo lei, tutti i giornali, questa mattina, hanno continuato a scrivere la vecchia versione, cioè che il senatore Caridi è il capo della cupola dei mammasantissima: è sfuggito loro che quest’accusa è totalmente caduta. Oggi non viene chiesto l’arresto di Caridi perché è il capo di qualcosa, ma perché sarebbe un semplice esecutore; non dico un manovale della ‘ndrangheta, ma avrebbe un ruolo, utilizzato quando era consigliere comunale o provinciale o senatore, per curare questi interessi. Dice il relatore, con una frase che ripeterò e su cui scriverò un libro, che non è «implausibile» che questo sia avvenuto. Ora, l’espressione «non è implausibile» vuol dire che non è da escludersi, ma ci hanno spiegato che lui deve andare in carcere senza che valga il problema del pericolo di fuga, dell’inquinamento delle prove o della reiterazione del reato, ma perché, essendo un reato mafioso, il carcere scatta automaticamente se ci sono prove o gravi indizi. Io di prove non ne ho viste. Qual è l’atto specifico che lui avrebbe commesso per favorire la ‘ndrangheta o la mafia? Sì, agli atti c’è l’assunzione di cinque operatori ecologici – spazzini, parliamoci chiaro – a tempo determinato. Quindi, nei suoi quindici anni di assessorato e quant’altro, sarebbe colpevole di avere assunto cinque persone, immagino in concorso con tutti i politici calabresi, siciliani, pugliesi o campani, perché quando hanno fatto gli assessori, sarà capitato anche a loro di assumere nelle aziende delle persone incensurate, che nulla hanno a che fare con la mafia. Questa sarebbe l’indicazione. E poi vi sono due o tre intercettazioni che – ahimè – sono state totalmente smentite dai fatti. Ma si dice – e, colleghi, richiamo tutti a questo principio – che lui era amico di Francesco Chirico. Francesco Chirico militava nel suo partito, era una persona incensurata, ma lo ha aiutato, quando venne eletto consigliere comunale, a raccogliere i voti. Dov’è il problema, se una persona incensurata, un dipendente comunale, lo ha aiutato a raccogliere i voti? Con questa persona poi si sono rotti i rapporti, come dimostrato dalle carte, perché, pensando il Chirico di poter poi essere favorito dal Caridi, quando quest’ultimo non l’ha promosso, è diventato un suo acerrimo nemico. Poi si sostiene: è vero che Francesco Chirico è incensurato, ma ha delle parentele con una famiglia mafiosa. È un problema di cui ho parlato mille volte in quest’Aula e che vale per il Sud, per Modena, come per la Lombardia: che deve fare una persona onesta se nelle Regioni ad alta densità mafiosa ha affinità o parentele con persone disoneste? Non deve più andare a lavorare? Non deve più svolgere un’attività professionale? Dev’essere colpito da interdittive antimafia perché un suo fratello ha sposato una donna che è figlia di qualcuno “che fa parte di”? Quello della responsabilità civile, amministrativa e penale personale che è cosa diversa dal sentito dire o dalle parentele è un problema che ho posto mille volte. Ma qui viene addebitato al Caridi di aver avuto l’appoggio elettorale di una persona onesta e incensurata perché questa ha delle parentele. Vogliamo parlare dell’altra prova regina del senatore e sottosegretario Valentino e di un tale Romeo che era, al tempo, incensurato e che due anni fa è stato ricevuto qui in Senato, dopo la condanna, in Commissione affari costituzionali (non Caridi, Romeo è stato accolto qui al Senato ed ha partecipato)? Se qualcuno avesse la pazienza di leggere le dieci pagine in cui il senatore Valentino e Romeo e Caridi parlano della sua candidatura, troverebbe una delle più belle pagine di trasparenza e di onestà che ho mai visto. Perché questi parlano soltanto dello sviluppo della Calabria e di idee innovative. Valentino ricorda che lui viene dalla destra quindi non ha cultura di Governo, mentre… (Il Presidente interloquisce con il senatore Segretario Scoma). Io vorrei parlare al Presidente, scusate. Ribadisco che vorrei parlare al Presidente. Visto che mi devo rivolgere al Presidente, vorrei che il Presidente mi ascoltasse.
PRESIDENTE. Anche all’Assemblea.
GIOVANARDI. Sì, all’Assemblea, ma devo rivolgermi al Presidente e poi all’Aula, ma mi hanno richiamato tante volte per il fatto che devo rivolgermi al Presidente. Dicevo, è una delle più belle pagine di trasparenza, perché Valentino ricorda che viene dalla destra, che non ha cultura di Governo, e il Caridi invece viene da una famiglia democristiana, che il papà era recordman di preferenze, come lo zio, Bruno Porcino, medico stimato e quant’altro. Alla fine di tutta questa conversazione, il sottosegretario alla giustizia Valentino, che attualmente è uno dei più stimati avvocati italiani, mai
raggiunto da alcun sospetto, dice: Caridi, una volta eletto – lui voleva fare il sindaco o il vicesindaco – ricordati che a noi devi pagare una cambiale! E giù risate da parte di tutti. Bene, la cambiale è la prova regina della sua affiliazione e partecipazione al vertice della cupola. Quando si legge una cosa così viene da pensare che chiunque dei colleghi può essere trascinato in una vicenda giudiziaria infame da qualcuno che veramente prende lucciole per lanterne. O forse non ha mai partecipato e non sa che, quando il Capo dello Stato si occupa della formazione del nuovo Governo e della nomina dei Ministri, compie una disamina delle caratteristiche di ogni persona, dicendo «questo sì», «quello no». Oppure penso alla formazione di una Giunta comunale: se il sindaco è di un partito, il vice sindaco sarà di un altro partito, perché – si chiama democrazia – bisogna tener conto dei rapporti di forza, soprattutto tra partiti. Se questa è malavita. C’è poi la cambiale di cui ha parlato Valentino, che sarebbe la prova. Quella è la prova principale e l’incontro con la persona che stava in galera è l’altra prova che viene portata. Per le circostanze che gli vengono addebitate, non c’è altra prova che questa, cioè il fatto che egli sarebbe chiacchierato a Reggio Calabria, non certo a Cuneo, per avere frequentazioni o conoscenze in una realtà dove le cosche, purtroppo, esistono. Vorrei sapere chi si può difendere da accuse generiche di questo tipo. Giustamente è stato detto che c’è un processo e, in quell’ambito, egli farà valere le sue ragioni e l’accusa tenterà di dimostrare le proprie. Ricordo – l’ho scritto nel libro – che, al tempo, il 90 per cento dei miei 90 colleghi incriminati è stato assolto. Il reato non si è prescritto, ma si è trattato di assoluzione o archiviazione perché il reato addebitato non esisteva. Parlo di parlamentari e degli anni 1992-1994. Ripeto: ciò è avvenuto 90 volte su 100. Qui c’è una richiesta di mandare il senatore Caridi in galera, farlo incarcerare, fargli perdere la libertà personale, distruggergli la tranquillità familiare e dare un’immagine dei colleghi che ritengono credibile che egli sia un criminale. In questi tre anni – è noto a tutti, no? – egli ha condizionato i lavori del Parlamento. È evidente: sappiamo tutti che il senatore Caridi era l’uomo nero che ha determinato l’indirizzo del Senato in questi anni, o no? Come senatore sicuramente non l’ha fatto. Inoltre, è stato detto e dimostrato in Giunta che stiamo parlando di cose avvenute negli ultimi diciotto anni: le prime intercettazioni risalgono agli anni 1997-1998 e, poi, ci sono quelle del 2002. Ci sono atti che sono stati vagliati in tantissimi processi, nell’ambito dei quali sono state giustamente condannate altre persone, compresi i suoi concorrenti. Caridi non è stato eletto alle elezioni regionali e i voti delle famiglie sono stati insufficienti per lui, ma non per altri candidati che nei processi sono emersi come beneficiari. Se la cosca di San Luca (mi pare il clan Pelle) lo ha appoggiato, come spiegare che in quel paese egli ha ottenuto 22 voti, mentre il primo ne ha presi 120 e, a seguire, gli altri? Ripeto: come si fa a dire che Caridi ha ottenuto l’appoggio della ‘ndrangheta di San Luca se in quel paese ha ottenuto 22 voti e gli altri 120? È quanto ho chiesto in Giunta.
In Giunta, nella difesa che ha dovuto raffazzonare in pochi giorni e che ha illustrato ieri mattina, Caridi ha fornito tutte le tabelline elettorali e spiegato per filo e per segno le cose. Se ha detto cose false è giusto che vada in carcere, ma se ha detto cose vere perché la Giunta non ha verificato – poteva farlo – la veridicità delle sue affermazioni? Perché dobbiamo votare se mandarlo in carcere oppure no se, in un’istruttoria che è durata poche ore e con tre interruzioni (dovevamo infatti essere presenti in Aula per le votazioni), nessuno è stato in grado di leggere le ultime 1.500 pagine, né di valutare con attenzione quello che egli ha detto? Se quello che ha detto è vero, perché deve andare in carcere? Ma perché deve perdere la libertà personale, tra le altre cose visto che il 13 agosto il tribunale per il riesame deve decidere?
Colleghi, con il voto segreto ci si deve guardare dentro e pensare che questa è una cosa che può capitare a tutti. (Commenti dal Gruppo PD). Sì, accuse di questo genere possono capitare a tutti, perché quando sono costruite sul nulla può succedere a tutti di trovarsi in questa situazione. Ci si assume la responsabilità di mandare in carcerare sulla base non di un qualche elemento concreto, ma di supposizioni. Signor Presidente – lo diremo anche in dichiarazione di voto – mancano proprio gli elementi minimi per togliere la libertà personale a un parlamentare e per modificare degli assetti. Lo ha detto il collega Malan, seppure, chiaramente, in maniera paradossale: se non ci fosse stato il senatore Caridi con il suo voto, sarebbe cambiata la storia del Parlamento italiano e del Governo, sarebbe mancato quel voto determinante e ci sarebbero stati altri indirizzi politici. Certo, lo ha detto come paradosso, ma abbiamo visto che anche la mancanza o la presenza di un parlamentare può essere determinante: si veda la caduta di Berlusconi, a suo tempo, quando non fu approvato un documento di bilancio, dal momento che la relativa votazione finì in pareggio. In quel caso ci fu la mancanza di un deputato, per il quale la Camera dei deputati aveva concesso l’arresto, che dunque stava in carcere, e che poi è stato assolto. Quindi, la sua mancanza fisica ha determinato un indirizzo e un orientamento diverso della vita politica italiana. Mandare in carcere un parlamentare, al di là dei suoi problemi personali, è una lesione gravissima della composizione del Senato e se viene deciso sulla base delle non indicazioni che abbiamo avuto in questi giorni, credo che sarebbe davvero una giornata tristissima per il Parlamento e le istituzioni.